A Bedero, dove la dinastia dei Boscaro racconta la sua storia bocciofila
Con le ultime informazioni sul campionato, anche una conversazione con Umberto e Mario Boscaro, famiglia unita dalla passione per le bocce fin dagli anni 60

Sono quasi tutti spaparanzati sulle sedie a semicerchio appena fuori dal bocciodromo di Bedero, siamo nell’alta Lombardia, quasi ai confini con il Canton Ticino della vicina Svizzera, eppure il termine decisamente di provenienza meridionale ben si attaglia agli astanti, per nulla ansiosi di entrare all’interno a duellare nelle perenni amichevoli sfide quotidiane, molto meno allettanti per la calura che non concede di essere benevola nell’impianto, esposto al sole pomeridiano senza difesa alcuna.
L’atmosfera è pigra, il dialogare ne risente, si trascina stancamente come fosse un dovere esprimere pensieri, concetti ostacolati dalle condizioni climatiche, tuttavia procede fra una polemica e un pettegolezzo, fra storie locali lontane nel tempo ed eventi attuali che suscitano l’interesse e i commenti filtrati dalle personali sensazioni. E fra gli attori stanno loro, due della dinastia dei Boscaro, il Mario, accaldato e in canottiera nel vano tentativo di scovare un po’ di refrigerio, e l’Umberto con il suo abituale volto accigliato intento a scrutare con aria indagatrice. Manca Giovanni, fresco trionfatore a Brenta nella terza edizione del Trofeo Molteni, riservato alla seconda categoria, ma la sua assenza non si sente tanto compare vivida nelle parole dei fratelli.
L’atmosfera è da film di Federico Fellini, da “Amarcord”, ma rilevabile anche ne “La Strada” o “Le notti di Cabiria”, ove tutto è permeato dal ricordo, velato da un sottile velo di malinconia nel far riemergere le impressioni del passato, interpretato a livello nostalgico.
I Boscaro, tre dei quattro fratelli innamorati delle bocce fin dall’inizio della loro avventura di veneti venuti da Rovigo nel 1958, sulle sponde del Lago Maggiore.
«Sì, siamo venuti qui perché chiamati da un nostro parente – racconta Mario con voce convinta e sicura – e alle bocce non si pensava di certo, poi il destino sceglie talvolta per noi. Verso la fine degli anni 60 ho collaborato a sistemare dei terreni incolti che vennero trasformati in campi di bocce e da lì il passo fu breve: sorse l’interesse e la passione come naturale conseguenza, dapprima a Cittiglio, poi a Luino nella Ballinari diventata in seguito Cimbali, a un livello più che discreto, sempre in serie A o B, vincendo anche parecchie gare in coppia, in terna preferibilmente, dato che ero abbastanza completo ed ero utile come giocatore di mezzo. Mentre Giovanni giocava preferibilmente in coppia, con Mario Molteni che è stato commemorato degnamente la scorsa settimana: chi avrebbe dovuto vincere se non lui, compagno di tante competizioni insieme?».

L’amarcord prosegue incalzante con Umberto che si sovrappone a Mario in un ideale scambio di testimone: «La passione, nel mio caso, non solo per la competizione, ma anche per l’arbitraggio: quante gare ho arbitrato, quante finali, quante direzioni di gara! Ho affiancato alle gare, per 42 anni, l’arbitraggio, con grandi soddisfazioni: ho collaborato con l’allora responsabile del settore nel Comitato di Varese Marcheselli e devo dire, senza falsa modestia, di essere stato considerato a buon livello, altrimenti non sarei stato designato con una frequenza davvero notevole e allora non eravamo quattro gatti, come ora. Poi mi sono tolto le mie belle soddisfazioni anche come atleta: sono stato di serie A e B, ho vinto per quattro anni il campionato provinciale dedicato agli arbitri: insomma nel mondo della raffa mi sono trovato perfettamente a mio agio!».
E Giovanni, come s’inserisce in questo contesto?
«Giovanni – è sempre Umberto che ha preso per mano il proverbiale pallino – è sempre stato molto competitivo, lui ora gioca per la Cuviese, io, dopo la Gorizia che ha cessato l’attività, sono alla Bederese, per la quale avevo giocato agli inizi degli anni duemila: si fluttua come un maroso spinto dal vento verso la riva, per accasarsi dove si ritrovano gli amici, dove l’ambiente è più ricettivo, dove, infine, ci si integra meglio nell’ambito umano».
Ci saranno degli eredi Boscaro?
«Purtroppo no – interloquisce Mario – da tempo i ragazzi preferiscono fare altre scelte, non è più così semplice praticare questo sport come quando iniziammo noi: c’erano campi ovunque. Ora bisogna fare chilometri per praticarlo nei pochi bocciodromi sopravvissuti e non si tratta di desiderare i campi sotto casa, come qualche dirigente ha affermato in modo sprovveduto, bensì occorre un amore sviscerato per superare le difficoltà che la carenza d’impianti t’impone».
Fellini è quanto mai presente e ingombrante: il suo amarcord è tangibile ed è sempre più velato di un soffuso alone di malinconia.
PILLOLE DI BOCCE
1 luglio – F.lli d’Italia – finale regionale coppia ABCD
Callegari/Terzaghi – F.lli d’Italia
Basini/Dall’Occo – Ternatese
Farinelli/Macchi C. – Ternatese
Bernardi/Macchi A. – Bottinelli Vergiatese
10 luglio – Brenta – inizio serale regionale individuale BCD
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