‘Sturmtruppen’: la guerra d’infiltrazione che annientò gli Italiani a Caporetto

Ricorre l'anniversario del ripiegamento sul fiume Piave dell’esercito italiano, dopo la più devastante sconfitta della sua storia per mano austro-tedesca. Le ragioni furono molte, ma è assodato che un ruolo centrale fu giocato dalle ‘truppe d’assalto’ germaniche

Generico 06 Nov 2023

Iniziata nelle prime ore del mattino del 24 ottobre, l’offensiva austriaca per sfondare da oriente il fronte sul fiume Isonzo aveva, sulla carta, ben poche possibilità di riuscita. Gli austriaci a Tolmino (divenuta oggi una strada, anche a Varese, assieme ad altri nomi che paiono insignificanti, come Tagliamento, Bainsizza, Carnia, Sabotino, Monfalcone ecc..) avevano una testa di ponte, cioè una postazione fortificata che sfruttava la presenza di due colline per controllare dall’alto il fiume. Nella guerra moderna un simile vantaggio sarebbe relativo, ma allora gli eserciti si contrapponevano lungo il corso d’acqua, quindi avere un luogo sicuro dove poter costruire un ponte tra le sponde costituiva un grande vantaggio iniziale per avanzare verso ovest. Gli austriaci sfondarono dunque in quella zona, sul fondovalle destro dell’Isonzo, con l’aiuto determinante di reparti specializzati tedeschi dove già allora militava, in un’unità d’élite, un ufficiale destinato alla leggenda: Erwin Rommel.

Si è discusso molto nell’ultimo secolo delle accuse di codardìa rivolte dal generale Luigi Cadorna ai nostri soldati di truppa, ma l’analisi storica rivolge invece le critiche soprattutto agli ufficiali, che non capirono quanto accadde. Essi si sentivano forti delle consolidate teorie sulla guerra, convinti che il controllo delle trincee, delle montagne e dei fiumi avrebbe reso il passaggio insormontabile al nemico. Invece i tedeschi vinsero con la sorpresa e con la velocità.
Le accuse di Cadorna appaiono poi stridenti se pensiamo che la Disfatta di Caporetto avvenne mentre lui era comandante supremo, che a seguito di questa bruciante sconfitta egli venne destituito (come lui stesso predisse nelle preoccupate lettere ai figli, fin dal 25 ottobre) e che nonostante tutto quest’uomo, certo preparato e capace ma debolissimo nei rapporti umani, mantiene ancora oggi a lui intitolata una delle principali piazze di Milano.

Nella Prima Guerra Mondiale la tecnologia non aveva ancora preso il sopravvento, ma nella Battaglia di Caporetto i tedeschi furono quelli capaci di sfruttare al meglio le nuove armi automatiche. Anche gli italiani avevano intere compagnie di mitragliatrici (marchiate Fiat o Villar Perosa) ma essi prevalevano soprattutto con le munizioni d’artiglieria (di produzione BPD) nonostante lo sforzo bellico profuso dall’industria austro-ungarica, che vantava gli enormi mortai costruiti da Skoda. Le ‘Sturmtruppen’ tedesche e le loro mitragliatrici leggere presero allora il sopravvento, perché non rispettarono il consolidato rito guerresco che prevedeva di attendere la fine del tiro offensivo d’artiglieria prima di assaltare le trincee.
Piccoli gruppi di arditi teutonici muniti di mitragliatrice, si mossero a sorpresa sotto l’arco amico delle bombe e, sfruttando la circostanza che gli italiani, per risparmiare munizioni, non risposero con un bombardamento protettivo delle proprie linee, si infiltrarono in poche ore prendendo il nemico sul fianco oppure alle spalle, dando quindi l’impressione di avere conquistato posizioni che non possedevano affatto; ma provocarono il caos e sfondarono.

Cadorna capì subito che perdendo la linea dell’Isonzo sarebbe stato difficile fermare il nemico arretrando sul fiume Tagliamento, il quale infatti venne guadato agevolmente dagli avversari nel suo corso settentrionale. Il conflitto allora arretrò ancora sul fiume Piave, dove gli italiani ripresero forza e vinsero la guerra un anno dopo, guidati dal generale Armando Diaz.

Scheda libro:
Alessandro Barbero – “Caporetto” – Editori Laterza – 2017

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Pubblicato il 10 Novembre 2023
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