Omessi controlli sulla filiera produttiva. La Alviero Martini spa in amministrazione giudiziaria
Il provvedimento del Tribunale di Milano colpisce il noto brand della moda (non indagato) perchè non avrebbe controllato la filiera produttiva, che comprendeva anche aziende cinesi che sfruttavano lavoratori in nero
La Alviero Martini, noto marchio dell’alta moda italiano, finisce in amministrazione giudiziaria su ordine del Tribunale di Milano poichè non avrebbe prevenuto e arginato fenomeni di sfruttamento nel ciclo produttivo. La notizia è stata diffusa oggi, mercoledì, ed è l’esito finale dell’indagine del nucleo Tutela Lavoro dei carabinieri di Milano coordinata dalla procura.
L’azienda, che non è indagata, sarebbe però stata ritenuta incapace di prevenire e arginare fenomeni di sfruttamento lavorativo nell’ambito del ciclo produttivo, non avendo mai effettuato ispezioni o audit sulla filiera produttiva per appurare le reali condizioni lavorative ovvero le capacità tecniche delle aziende appaltatrici tanto da agevolare (colposamente) soggetti che avrebbero commesso il reato di caporalato. Il costo di realizzazione di un capo era di 20 euro mentre, risalendo la filiera, in boutique venivano vendute a 350 euro.
La casa di moda, nota per la produzione di borse, avrebbe affidato mediante contratto di appalto con divieto di sub-appalto senza preventiva autorizzazione, l’intera produzione a società terze, con completa esternalizzazione dei processi produttivi.
Tali azienda, per mantenere una adeguata capacità produttiva competitività sul mercato, affidano le commesse ad opifici cinesi, i quali riescono ad abbattere a loro volta i costi grazie all’impiego di manodopera irregolare e clandestina in condizioni di sfruttamento.
Gli inquirenti definiscono questo modo di operare sistema “a strozzo” in cui l’opificio cinese che produce effettivamente i manufatti non sostiene i costi da lavoro (contributivi, assicurativi e imposte dirette) facendo ricorso a manovalanza “in nero” e clandestina, non osservando le norme relative alla salute e sicurezza sui luoghi di lavoro nonché non rispettando i Contratti Collettivi Nazionali Lavoro di settore riguardo retribuzioni della manodopera, orari di lavoro, pause e ferie.
In questo caso il Nil di Milano ha effettuato accertamenti sulle modalità di produzione, confezionamento e commercializzazione dei capi di alta moda a partire da settembre del 2023, procedendo al controllo dei soggetti affidatari degli appalti nonché dei sub affidatari – non autorizzati – costituiti esclusivamente da opifici gestiti da cittadini cinesi nelle province di Milano, Monza e Brianza e Pavia.
In particolare, sono stati controllati 8 siti di produzione tutti risultati irregolari nei quali sono stati identificati 197 lavoratori di cui 37 occupati in nero e clandestini sul territorio nazionale. Negli stabilimenti di produzione effettiva e non autorizzata è stato riscontrato che i lavoratori venivano sfruttati (pagamento sotto soglia, orario di lavoro non conforme, ambienti di lavoro insalubri ecc.), in presenza di gravi violazioni in materia di sicurezza sui luoghi di lavoro (omessa sorveglianza sanitaria, omessa formazione e informazione ecc.). I capi avevano anche realizzato dei dormitori abusivi ed in condizioni igienico sanitarie sotto il minimo etico.
Sono stati denunciati a piede libero a vario titolo per caporalato e altro 10 titolari di aziende di origine cinese e 37 persone non in regola con la permanenza e il soggiorno sul territorio nazionale.
Infine sono state emesse ammende pari a oltre 153.000 euro e sanzioni amministrative pari a 150.000 euro. Per 6 aziende è stata disposta la sospensione dell’attività per gravi violazioni in materia di sicurezza e per utilizzo di lavoro nero.
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