“La pasta è troppo salata“, e le bastonate davanti ai bambini: tre anni e un mese per maltrattamenti in famiglia a Varese
La condanna dinanzi al collegio per fatti avvenuti anni fa: la coppia viveva in una casa con quattro minori che avrebbero assistito a violenze da parte del padre

Lei ha 3 figli dal primo marito con cui è in corso una separazione. Nel frattempo incontra un altro uomo col quale mette su famiglia, e padre del suo quarto figlio. Ma le cose non vanno. Intemperanze, prima. Parole sempre più grosse, poi, e la pretesa di «portare rispetto», di tenere una precisa condotta familiare, far da mangiare, e bene: in un episodio la pasta era troppo salata ed è stata la scintilla a far esplodere la rabbia.
Poi anche molto altro, secondo l’accusa, cioè anche violenze da parte dell’uomo, anche con sedie scagliate, bastoni impugnati e pc fatti volare contro al muro di fronte ai figli atterriti; viene per questo denunciato, ma dalla suocera: scattano l’allontanamento dalla casa famigliare contestualmente alle indagini. Si arriva poi al processo culminato oggi con la condanna dell’uomo, 31 anni, di origini marocchine di professione artigiano ed incensurato: «Neppure una multa per divieto di sosta» dice l’avvocato Alberto Zanzi che ha difeso l’imputato invocando principi giuridici che si basano su sentenze della Cassazione laddove la suprema corte specifica una precisa condotta legata alla continuità degli episodi contestati, e tale da dover profondamente sconvolgere il vissuto delle parti offese.
«Ma gli episodi contestati sono in tutto tre, nel corso di due anni. Non c’è refertazione medica circa eventuali lesioni patite dalla donna. Manca una testimonianza credibile dei minori che avrebbero assistito alle violenze. Il mio assistito ha sempre chiesto scusa dopo aver commesso i fatti contestati», specifica Zanzi nel suo ragionamento offerto alla corte, e in aula, a margine dell’udienza.
Non è dello stesso avviso la parte civile rappresentata dall’avvocato Raffaello Boni che patrocina le parti offese dal reato (la donna, classe 1996, e i 4 figli minori) che oltre a chiedere il riconoscimento della responsabilità penale dell’imputato ha proposto una cifra congrua da devolvere a centri antiviolenza e da rifondere su libretti di risparmio intestati ai figli. La pm Giulia Grillo nella sua requisitoria aveva chiesto 6 anni di reclusione visto il reato che prevede un calcolo di pena che tiene conto dell’aggravante della violenza assistita dei minori. Alla fine la decisione del Collegio presieduto da Andrea Crema si è indirizzata su di una pena minore, 3 anni e un mese rimandando la quantificazione del danno ad un futuro processo civile, disponendo tuttavia il pagamento di mille euro per ciascuno dei figli, e 2 mila per la madre, in formula equitativa.
Le motivazioni della sentenza saranno depositate fra 90 giorni: solo allora si potrà conoscere la decisione della difesa di impugnare in appello la sentenza.
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