A Masterchef 13 vince il talento, dopo una finale tra grandi
Bella finale dopo un'edizione - la tredicesima - ad alto livello. Nell'articolo (che contiene SPOILER) conclusioni e commenti all'edizione
ATTENZIONE SPOILER: L’ARTICOLO RACCONTA TUTTA LA FINALE. SE NON VOLETE SAPERE I RISULTATI, NON PROSEGUITE NELLA LETTURA
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Genio, talento e senso del gusto: sono queste le caratteristiche che hanno portato alla prima “vittoria toscana” di Masterchef Eleonora Riso, 27 anni, cameriera a Firenze, che ha battuto in una finale di davvero alto livello Antonio Mazzola, geometra 28enne emigrato a Monaco di Baviera con il sogno di tornare a casa e aprire un ristorante sul mare nella sua Sicilia e Michela Morelli, personal trainer 44enne altoatesina, più precisamente di Appiano sulla Strada del Vino (Bolzano).
La finale se la sono giocata replicando piatti di Andreas Caminada, che ha basato tutta la sua attività in Svizzera, nel paesino di Fürstenau (una delle città più piccole al mondo, meno di dieci residenti tutto l’anno) dove nel 2003 ha aperto il suo ristorante Schloss Schauenstein grazie al quale è riuscito a influenzare un’intera generazione di giovani chef, tanto che appunto ora è ormai consuetudine parlare di “generazione Caminada”, e che negli anni ha conquistato 3 stelle Michelin, 19 punti Gault Millau e, dal 2010, un posto nella classifica World’s 50 Best Restaurants. Una battaglia che ha visto soccombere Sara Bellinzona, impiegata di 24 anni di Montalto Pavese (Pavia) la classica “ragazza della porta accanto” ma con grande passione e conoscenze in cucina, che non ha retto però alla valanga di determinazione che i tre finalisti hanno espresso in tutto il loro percorso.
Paradossalmente, la più inquieta e insicura sembrava proprio Eleonora, di fronte a due “combattenti totali” come Michela – che ha attirato con la sua determinazione contro il mondo anche parecchie antipatie dentro e fuori la masterclass – e Antonio, che da concorrente anonimo ha guadagnato man mano nelle puntate una grinta da ninja con l’intenzione di arrivare fino alla fine e presentare il suo menu, e che nel ristorante Uliassi, tre stelle di Senigallia dove si sono giocati la semifinale, ha mostrato anche una competenza tecnica non di poco conto.
Ma Eleonora aveva decisamente una marcia in più, e le timidezze e le incertezze cosmiche che ha sempre esibito non sono bastate a non farla vincere. Senso estetico, del gusto, capacità, esperienza, e pure una simpatia da “svalvolata”: non le mancava niente per arrivare in fondo.
Una finale mai cosi ad alto livello, a conclusione di una masterclass (e non per niente da qualche anno si chiama masterclass, e non più cucina) che ha visto entrare persone mediamente competentissime su preparazioni, nomi di chef e ricette stellate. Diciamocelo: io mi reputo pure una che sa cucinare, ma se la finale di Masterchef USA mi sembra ad un livello per me raggiungibile, a Masterchef Italia non passerei nemmeno i primi provini.
E’ una sensazione che avete anche voi?
COSA VINCE ELEONORA E CON CHE MENU HA VINTO
Con la sua vittoria, Eleonora – favorita della vigilia e prima toscana a vincere il titolo – conquista 100.000 euro in gettoni d’oro e l’accesso a un prestigioso corso di alta formazione presso ALMA – La Scuola Internazionale di Cucina Italiana; in più, come da tradizione, conquista la possibilità di pubblicare il proprio primo libro di ricette grazie alla casa editrice Baldini+Castoldi: “Laboratorio di sapori”, in uscita l’8 marzo.
Nel corso della finalissima di MasterChef Italia, la nuova detentrice del titolo ha presentato un menù chiamato “Ichigo Ichie”, che lei ha spiegato così: «Qualche anno fa ho letto un libricino che descriveva in modo semplice e comprensibile a noi occidentali il concetto giapponese di “ichigo ichie”. E’ un momento presente che va vissuto appieno, perché la vita è un susseguirsi di avvenimenti ognuno dei quali è unico e irripetibile: una specie di Carpe Diem. Io mi sono accorta di non avere nessun altro vero obiettivo nella vita se non quello di ricercare un minimo di equilibrio: Così per il mio menù ho deciso di ispirarmi alla cucina giapponese, intrecciandola alle mie tradizioni e alle mie esperienze».
I piatti che ha portato all’assaggio sono stati: l’antipasto Nonno Umami, chips di carta di riso con “insalata russa” scomposta, concentrato di acciughe e vin santo, wasabi; Fiume Sacro, ravioli al vapore ripieni di patate aromatizzate al rosmarino, tartare di trota marinata, pompelmo, brodo dashi; Pelle Ribelle, anguilla in doppia cottura e laccata, salsa di albicocche e alloro, insalatina di sedano, cetriolo, mela verde, rafano e zenzero; infine, Mochi = Grande Fortuna, mochi ripieno di bavarese al cocco e cardamomo con frutta fresca, bubble tea con sfere al caffè e tè matcha.
I MENU DI ANTONIO E MICHELA
Michela ha presentato “Mountain Experience”, che lei ha descritto così: «Nei luoghi che amo trovo me stessa, le cose più care e i sapori che formano le mie origini. Partendo dal Lago di Garda dove lo sguardo non ha confini, arrivo sulle mie Dolomiti e il viaggio è un invito a scoprire la mia cucina, quella che rappresenta una parte di me. Mi accompagnano – aggiunge Michela – ingredienti che abbracciano altri posti, ognuno è la somma di origini ed esperienze».
I piatti erano: Riflessi di lago, filetti di salmerino affumicati al ginepro e pino, su insalatina di erbe selvatiche e maionese agli agrumi; il primo Fioritura, fiori di loto alla barbabietola ripieni di finferli, adagiati su crema al tartufo estivo del Baldo con tuorlo fritto; Der Wald, carrè di agnello in crosta di erbe con purea di topinambur e cipolle rosse agrodolci; infine, Arrivo a casa, un semifreddo alla mela verde Granny Smith, namelaka alla vaniglia, streusel alla cannella e uvetta.
Antonio invece ha creato quattro portate dal titolo “La chiave di tutto”, sintetizzato in queste parole che non possono che partire dalle sue origini: «Il nome del mio menù si rifà a una citazione dello scrittore di origine tedesca Johann Wolfgang von Goethe, che durante il suo viaggio in Italia disse: “L’Italia senza la Sicilia non lascia alcuna immagine nell’anima, perché è in Sicilia che si trova la chiave di tutto”. Ecco, il mio menù vuole essere un omaggio alla mia Terra. Come Ulisse, che per 10 anni è stato lontano dalla sua Itaca e poi riesce a farvi ritorno, anch’io dopo dieci anni ho l’opportunità di ritornare a casa».
I piatti del suo menù avevano molti legami alla Sicilia: Archè, lumache di terra, pesto di tenerumi, salsa ai fichi d’India, colatura di ricci di mare e finocchietto selvatico; Sacro e Profano, bottoni di tumminia ripieni di ricotta di pecora ed essenza di gambero rosso di Mazara, la sua bisque, gambero crudo, fondo di agnello e basilico fritto; La mia Odissea, astice blu nel suo brodo, taccole, porro, cardoncelli, zest di limone; infine, Punto e a capo, semisfera di ricotta di pecora e scaglie di cioccolato di Modica, glassa al cioccolato bianco, salsa alle more e crumble di torrone alle mandorle e pistacchi.
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