Il caso Uva assegnato ai giudici della Corte europea dei diritti dell’uomo

Due i punti che verranno analizzati in caso di istruttoria: il trattamento disumano e le indagini sui fatti. Lucia Uva: “Voglio la verità”

Ci vorranno due mesi per sapere se lo Stato italiano vorrà o meno proporre un risarcimento ai parenti di Giuseppe Uva a fronte del ricorso che i legali della famiglia dell’artigiano morto nel 2008 hanno proposto alla “Cedu” la corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo.

La procedura era stata ammessa nel 2021 dopo la sentenza penale divenuta definitiva per la giustizia italiana nel 2019 che stabilì la non colpevolezza dei 6 agenti della Polizia di Stato e dei due carabinieri accusati di omicidio preterintenzionale e sequestro di persona dopo aver condotto Giuseppe Uva e l’amico Alberto Biggioggero in caserma il 14 giugno del 2008, al comando provinciale dell’’Arma, in via Aurelio Saffi. Da qui il ricovero in ambulanza di Uva, l’accesso in ospedale, poi al reparto di psichiatria e il decesso. Se per quei fatti la giustizia penale italiana si è pronunciata, ora potrebbe essere lo Stato chiamato a rispondere.

Dopo la presentazione del ricorso e la contestuale assegnazione alla sezione prima della Corte, la strada dell’iter ha un primo “step” fissato per il 28 giugno: è questo il termine entro il quale lo Stato potrà proporre un indennizzo, con trattative di natura transattiva e in via riservata, alla famiglia dei ricorrenti, che potranno accettare o negare. Da questo momento in avanti, in caso di negazione o di mancata proposta di indennizzo da parte dello Stato, i legali della famiglia Uva – Fabio Ambrosetti, Stefano Marcolini, e Fabio Matera – proseguiranno nell’iter che riguarda l’attivazione di una vera e propria istruttoria che si basa su due quesiti: il primo riguarda la domanda se Giuseppe Uva sia stato o meno sottoposto a trattamenti inumani e degradanti dalla polizia in contrasto con l’articolo tre della convenzione europea dei diritti dell’uomo.

giuseppe uva apertura

Il secondo punto su cui si basa il ricorso riguarda la verifica delle attività investigative che gli apparati dello Stato italiano hanno effettuato sul caso. Qualora questa parte procedurale venisse accettata, spiegano i legali, lo Stato italiano, nell’istituzione identificata come la Presidenza del Consiglio dei Ministri, sarà chiamato a produrre un’ampia e corposa documentazione che parte dai primi rilievi di Polizia e finisce con le trascrizioni delle udienze, e al termine di questo procedimento, lo Stato italiano potrebbe essere comunque chiamato a rispondere dal punto di vista risarcitorio non soltanto ai familiari, ma anche agli eredi di Giuseppe Uva. È fiduciosa la sorella, Lucia Uva, che proprio nello studio varesino dell’avvocato Fabio Ambrosetti ha voluto sottolineare la necessità da parte della famiglia di arrivare a una giustizia per il fratello, «affinché quello che è capitato Giuseppe non succeda mai più».

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Pubblicato il 09 Aprile 2024
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