Sarà sgomberato a maggio il condominio di via Torino a Gallarate

La decisione durante il comitato con la prefettura e le autorità. L’immobile è un edificio ormai senza riscaldamento, con impianti guasti e pozze di liquami negli interrati con 48 alloggi abitati

condominio gallarate

L’ormai nota vicenda del condominio di via Torino 8 a Gallarate avrà un epilogo il prossimo mercoledì 8 maggio. L’immobile, un edificio ormai senza riscaldamento, con impianti guasti e pozze di liquami negli interrati con 48 alloggi, verrà sgomberato.

L’ufficializzazione è arrivata questa mattina, venerdì 19 aprile, durante il comitato di ordine pubblico e sicurezza convocato da prefetto Salvatore Pasquariello, alla presenza del sindaco Andrea Cassani e del comandante della Polizia Locale Aurelio Giannini.

Durante il vertice si è deciso che, per motivi di igiene pubblica, nel rispetto di quanto disposto dall’ordinanza comunale su impulso dei vigili del fuoco e dell’ATS, il palazzo di via Torino 8 verrà sgomberato nella giornata di mercoledì 8 maggio. Il provvedimento riguarderà sia le abitazione che le attività commerciali presenti nello stabile.

Un problema sociale importante, perché sono molte le persone che abitano nel palazzo, in parte inquilini delle società (che fanno capo a un unico proprietario) che hanno acquisito il grosso dello stabile una decina di anni fa, in parte singoli proprietari di appartamenti e un negozio.

Un epilogo che incombe su una vicenda molto complicata, anche dal punto di vista sociale, e che si dipana lungo dieci anni. Dopo l’acquisizione da parte di tre società private, infatti, il condominio ha accumulato un ingente debito, intorno ai 600mila euro. I mancati pagamenti hanno portato all’interruzione delle manutenzioni, poi anche alla sospensione dell’energia elettrica condominiale (nelle parti comuni) e infine del riscaldamento centralizzato.

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Visti questi problemi diffusi e anche una relazione dei vigili del fuoco a fine ottobre, il 29 novembre il Comune di Gallarate aveva dichiarato “l’inagibilità dell’intero complesso”, in considerazione appunto del “complessivo stato di criticità delle parti comuni e degli impianti”.

Le ragioni giuridiche addotte sono state confermate dal Tribunale Amministrativo Regionale, che ha considerato anche che “il pregiudizio derivante dall’esecuzione del provvedimento gravato è comunque recessivo rispetto ai pregiudizi che, in mancanza di sgombero e di messa in sicurezza, potrebbero derivare agli occupanti e ai terzi che occupano lo stabile nelle attuali condizioni di criticità”. Fuori dal linguaggio giuridico: il danno di dover lasciare casa è comunque inferiore ai rischi per la sicurezza e la salute.

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 19 Aprile 2024
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