“Il lavoro in corsia fiacca anche il sanitario più motivato. Fino a quando potremo mantenere la qualità dell’assistenza?”
I problemi della sanità sono nazionali ma ci sono azioni che potrebbero migliorare il lavoro a livello locale. Torna a parlare il dipendente dell'Asst Sette Laghi
Il sanitario, che aveva sollevato il problema della qualità del lavoro e dei carichi professionali, aveva ottenuto la risposta del direttore generale dell’Asst Sette Laghi dottor Micale che lo invitava a un confronto a viso aperto. Ora lo stesso sanitario spiega perché declina l’invito al faccia a faccia e rilancia su alcune criticità che potrebbero essere affrontate localmente
Vorrei iniziare ringraziando l’invito del direttore generale ad un confronto faccia a faccia, ma mi trovo costretto a declinare per paura di ripercussioni sulla mia carriera. Non metterò la faccia ma posso garantire che la testa e il cuore sono presenti nella risposta.
Siamo tutti a conoscenza dell’enorme problema nazionale, non possiamo farci molto, ma possiamo lavorare sulla nostra realtà nel nostro “piccolo”.
La nostra realtà è che Varese ha perso di attrattività rispetto anche ad altri ospedali lombardi, è che va benissmo cercare di assumere personale anche dall’estero, non solo come mera forza lavoro ma anche come scambio di conoscenze ed esperienze, ma non bisogna dimenticare chi rimane, chi tutti i giorni in corsia deve sopperire alla mancanza di personale con carichi di lavoro sempre maggiori, come dimostrato anche dalla letteratura. Fino a quando possiamo permetterci di mantenere la qualità del servizio erogato con meno personale ma uguale numero di persone ricoverate?
Ammetto che molti sono all’oscuro di alcuni dei progetti dell’ospedale, come la ristrutturazione dei 15 alloggi ad affitto calmierato, e come ha detto Lei evidentemente manca una importante comunicazione interna di tali progetti.
Ammetto anche che molti infermieri conseguono master e proseguono gli studi con corsi e magistrale, ma a che prezzo? Le 150 ore per lo studio non bastano ed i ritmi serrati dei turni non aiutano. Sforzi che poi non portano nulla dal punto di vista di gratificazione economica.
La formazione obbligatoria proposta spesso non coincide con i reali bisogni dell’unità operativa.
Concludendo torno a portare l’attenzione riguardo l’umanizzazione del rapporto con il personale: siamo professionisti, ma anche e soprattutto persone. La stanchezza per una situazione di disagio così protratta fiacca anche le persone più forti, soprattutto se la sensazione che aleggia è quella che chi dovrebbe tutelarci e appoggiare le nostre richieste (mi rivolgo espressamente ai sindacati e alla DAPSS) sembra non essere sensibile al problema.
Ringrazio il direttore generale per la risposta.
Nella speranza di aver dato voce e visibilità ai problemi di molti.
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