Il collaboratore di giustizia Emanuele De Castro conferma in aula le accuse all’ex sindaco di Ferno
Secondo l'ex reggente della locale di 'ndrangheta di Lonate Pozzolo nel 2017 fu Filippo Gesualdi a chiedere i voti attraverso il candidato consigliere Enzo Misiano e Mario Curcio. La difesa: "Nulla di nuovo"
È arrivato oggi, giovedì, il giorno del grande accusatore di Filippo Gesualdi nel processo che vede imputato l’ex-sindaco di Ferno per il reato di voto di scambio politico-mafioso dalla direzione distrettuale antimafia di Milano con la locale di ‘ndrangheta di Legnano-Lonate Pozzolo.
Emanuele De Castro, l’unico collaboratore di giustizia della cosca che per decenni ha imperversato nel territorio intorno a Malpensa, ha deposto davanti al collegio giudicante del Tribunale di Busto Arsizio rispondendo alle domande dell’accusa rappresentata dal pm Alessandra Cerreti.
De Castro ha ribadito le accuse a Gesualdi spiegando che i voti dei calabresi controllati dalla cosca nel 2017 sono andati all’allora candidato della lista civica di centrodestra Progetto Ferno: «Se nella zona ci sono 25 mila calabresi, 15 mila li controllavamo noi» – ha detto De Castro.
Secondo il collaboratore il patto con Gesualdi sarebbe stato stretto attraverso l’allora coordinatore cittadino di Fratelli d’Italia Enzo Misiano (poi eletto consigliere comunale nella lista di Gesualdi e condannato nel processo Krimisa, ndr) e Mario Curcio, braccio destro di Emanuele De Castro e uomo delle “ambasciate” a Vincenzo Rispoli, all’epoca già detenuto.
De Castro ha raccontato ai giudici che prima delle elezioni fu contattato da Misiano e Curcio perchè Gesualdi aveva chiesto l’appoggio della cosca alle elezioni amministrative del 2017 e lui diede il suo assenso in qualità, all’epoca, di leader del gruppo in assenza di Rispoli che era detenuto. In cambio aveva chiesto facilitazioni per la realizzazione di parcheggi per se stesso e la gestione dei campi da calcio per Mario Filippelli, anch’egli appartenente alla stessa locale di ‘ndrangheta.
Il collaboratore ha anche specificato che, dopo le elezioni, ebbe difficoltà a farsi ascoltare da Gesualdi e non lo incontrò mai: «Ero un sorvegliato speciale, come avrei potuto» – ha detto davanti ai giudici, confermando anche la circostanza emersa dalle intercettazioni in cui avrebbe detto di voler prendere a schiaffi l’allora sindaco perchè non sarebbe stato ai patti.
Secondo il legale di Gesualdi, Gianluca Franchi, però, quanto affermato oggi in aula dal superteste della dda non aggiungerebbe nulla di nuovo al quadro già emerso a conferma della tesi difensiva che sarebbe stato Misiano a millantare l’accordo che, in realtà, non ci sarebbe stato e non si sarebbe concretizzato.
Nella prossima udienza saranno ascoltati i testi della difesa mentre nessuno degli imputati ha voluto sottoporsi ad esame. L’ex sindaco Gesualdi ha annunciato, tramite il suo legale, che renderà dichiarazioni spontanee.
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