Rifugi di guerra: 100% in Svizzera, 0% in Italia

L'ultima guerra in Europa prima dell'invasione russa dell'Ucraina, è stata a un passo da casa nostra, in Bosnia ed Erzegovina. Ma non abbiamo memoria e non impariamo. E ora ci sembra che la guerra sia lontana, nonostante l'impatto inflattivo sui nostri costi e forniture energetiche sia stato devastante. La Svezia e la Germania si stanno preparando seriamente a una fase storica diversa e gli svizzeri sono nati pronti. Noi abbiamo sempre la testa nel pallone e le gambe sotto il tavolo. Bello ma irresponsabile

Generico 23 Dec 2024

Immaginate un’emergenza: sirene che suonano, un missile in arrivo. Siete a Varese, magari in centro, a pochi chilometri dal confine svizzero. Cercate un rifugio, ma l’unica cosa che trovate è un bunker abbandonato della Seconda Guerra Mondiale, oggi utilizzato per qualche evento culturale o chiuso da decenni. Ora attraversate il confine, arrivate a Chiasso o Lugano: lì ogni abitante sa esattamente dove si trova il rifugio più vicino, e può contare su strutture moderne e mantenute.

Di fronte a un’emergenza bellica, basterebbero pochi chilometri per trovarsi in due mondi completamente diversi. Sembra assurdo ma è la realtà. La Svizzera, con la sua efficienza proverbiale, ha costruito una rete di rifugi antiaerei in grado di ospitare il 100% della popolazione. Ogni edificio costruito dopo il 1963 è obbligato ad avere un rifugio privato, e i rifugi pubblici sono perfettamente operativi. In Italia, invece, le emergenze si affrontano con un misto di fatalismo e improvvisazione: “Trova un posto sicuro, prega, e spera che la fortuna sia dalla tua parte.”

E non è solo una questione di infrastrutture, ma anche di mentalità. Oleksandr Mykhed, scrittore ucraino che vive l’inferno quotidiano della guerra, ci spiega cosa significa sviluppare un “wartime mindset”. Significa prepararsi al peggio, avere un piano, sapere cosa fare e dove andare. Significa avere uno zaino pronto con documenti, cibo, e una power bank per affrontare l’imprevedibile. Ma come si può adottare una mentalità di questo tipo se manca completamente la struttura su cui
basarla? Fonte: https://www.theguardian.com/commentisfree/2024/dec/27/europe-wartime-mindset-ukraine-nato-kyiv-russia

Di seguito esempi in Canton Ticino e a Varese, che evidenziano la differenza tra la Svizzera, che mantiene rifugi operativi e aggiornati, e l’Italia, dove i rifugi della Seconda Guerra Mondiale sono principalmente siti storici non più funzionali per la protezione civile contemporanea. In Ticino ci sono 120 rifugi antiatomici che, assieme ai privati, possono ospitare il 98% della popolazione (si stima che il 2% mancante non serva perché i militari sarebbero attivi all’esterno; quando si dice
precisione svizzera!). A Bellinzona, il rifugio pubblico può ospitare circa 900 persone ed è situato sotto l’Expocentro. A Quinto, di costruzione recente, il rifugio può accogliere fino a 858 persone ed è situato sotto la Gottardo Arena. Infine, a Riviera, il rifugio situato sotto la scuola elementare di Cresciano, può ospitare fino a 560 persone ed è mantenuto in condizioni operative. Fonte: https://www.ticinonews.ch/ticino/rifugi-pubblici-alla-gottardo-arena-357086

Generico 23 Dec 2024

A Varese ci sono sette bunker dai tempi della Seconda Guerra Mondiale. Il primo e meglio conservato è quello di via Lonati, di fronte al parcheggio dell’Aci. Questo rifugio attraversa la collina dei Giardini Estensi e sbuca nei pressi della piscina comunale di via Copelli. Sui suoi muri si possono ancora leggere alcune comunicazioni di servizio come: “Ordine e calma”, “Uscita di
sicurezza” e “Posto di soccorso”. A metà circa dei 140 metri del tunnel alto 2 metri e largo 3, vi è un’uscita di sicurezza, a cui si accede tramite una scala a chiocciola che sbuca in prossimità del trenino per bambini vicino a Villa Mirabello. Il secondo bunker, molto meno conosciuto, è quello che si trova in viale dei Mille. Questo rifugio ha una galleria principale lunga ben 200 metri e poteva contenere 800 persone. Dopo un primo tratto iniziale di una quarantina di metri, ci si immette nella parte principale che ospita una latrina, un’infermeria e un’uscita di emergenza. Le infiltrazioni d’acqua hanno portato alla formazione di stalattiti calcaree, rendendolo un luogo di interesse storico, ma non utilizzabile per scopi di protezione civile contemporanea. Fonte: https://www.varesefocus.it/vf/dx/Ricordi-dal-sottosuolo-22-Nov-23

Generico 23 Dec 2024

La situazione nel resto del Paese non è diversa. A Milano, c’è il bunker sotto la scuola Giacomo Leopardi, trasformato in uno spazio culturale. A Roma, il bunker di Villa Ada è diventato una tappa turistica. Ma se domani scoppiasse una crisi, questi luoghi sarebbero inutilizzabili. La Protezione Civile italiana, pur estremamente competente in altre emergenze come terremoti e alluvioni, non ha un piano per gestire situazioni belliche.

Nel frattempo, la Germania, dopo l’invasione russa dell’Ucraina, ha deciso di riattivare alcuni dei suoi rifugi antiaerei, aggiornandoli per adattarli alle minacce moderne. E la Francia, pur senza una rete di rifugi paragonabile a quella svizzera, sta investendo in infrastrutture per migliorare la resilienza civile. In Italia, invece, non c’è nemmeno una discussione pubblica sull’argomento e preferiamo investire in “bunker” in Albania per cittadini di altre nazionalità. Adottare un “wartime mindset” non significa vivere nella paura, ma essere preparati. Significa creare un dialogo pubblico su come migliorare la resilienza civile, investire in infrastrutture, e spiegare ai cittadini cosa fare in caso di emergenza. Serve una collaborazione in primis tra comuni e Protezione Civile, per capire se i vecchi rifugi possono essere riattivati e mappati, o se bisogna costruirne di nuovi.

La lezione ucraina è chiara: la guerra non è un’idea astratta, ma una realtà che può colpire chiunque, anche in Europa. Speriamo che non arrivi mai, ma essere preparati non è un lusso. L’Italia può e deve fare di più. Non servono solo grandi investimenti, ma una visione chiara: proteggere la popolazione è una priorità, non un’opzione. Altrimenti, continueremo a vivere nella convinzione che “qui non succederà mai”, fino a quando sarà troppo tardi per attraversare il confine per sentirsi
al sicuro.

“La mia ambizione è dare al nostro Paese un sistema efficiente e moderno di Protezione Civile cui le altre nazioni guardino con rispetto e ammirazione”, Giuseppe Zamberletti.

di
Pubblicato il 28 Dicembre 2024
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