“Chi dorme non piglia pesci”: quando il detto popolare non è saggio
Giuseppe Geneletti propone la riflessione del dottor Nino Marra ex neurochirurgo dell'ospedale di Varese sul valore del sonno

Ho fatto una lunga chiacchierata con Nino Marra sulle nostre opposte inclinazioni al sonno. Abbiamo ritmi circadiani che sembrano viaggiare in direzioni contrarie: più o meno quando lui si mette a dormire, io comincio ad agitarmi… e poco dopo mi alzo.
Mi è sembrato utile dare spazio al suo punto di vista, su uno stile di vita che merita di essere esplorato con maggiore attenzione. Ecco quindi le sue riflessioni.
Diceva mia nonna: “chi dorme non piglia pesci”! E, secondo il cosiddetto buon senso, non aveva tutti i torti: un pescatore addormentato, infatti, non si accorge che la trota, ingoiata l’esca e con l’amo infilzato nella gola, trasmette alla lenza e alla canna le vibrazioni rivelatrici. Tutta la faccenda, traducendo in italiano la concisa saggezza “proverbiale”, significa che un dormiglione non combina nulla di buono, perde del tempo prezioso che potrebbe impiegare meglio.
Purtroppo, in alcuni problemi complessi, il buon senso può far cascare l’asino (e la nonna). Il sonno, infatti, per quello che risulta dalle osservazioni e sperimentazioni di neuroscienziati che passano il loro tempo dormendo poco e studiando molto, non è solo un momento passivo di riposo, il tempo minimo necessario a recuperare le forze per ricominciare a Lavorare (con la “elle” maiuscola perché, secondo il buon senso proverbiale, “il Lavoro nobilita l’uomo” (sic!), ma è anche, e soprattutto, un momento essenziale per la nostra lucidità creativa.
Vediamo di capire qualcosa nel modo più semplice possibile e con pochi concetti chiari riferiti a ciò che è ormai accertato con sufficiente sicurezza.
Prima sottolineatura. Tutti gli esseri viventi devono scegliere tra dormire e morire: il moscerino della frutta tenuto sveglio artificialmente muore nel giro di poco tempo; la stessa cosa succede al topo, al gatto, al cane e all’uomo (ma anche alla donna); i delfini possono nuotare dormendo e mantenendo sveglie solo alcune facoltà, i germani reali di guardia dormono conservando svegli un occhio e mezzo cervello; i salmoni non dormono per rientrare nelle zone di accoppiamento e, preferendo il sesso al sonno, pagano pegno (secondo la nonna è peccato mortale!) e muoiono.
Per capire il perché bisogna comprendere i significati (plurale!) del dormire.
Potremmo dire, con una concisione riassuntiva obbligatoria, che il sonno serve a riposare tutto il corpo (cuore e polmoni esclusi, perché devono continuare a prendere i pesci), serve a mettere in pausa il cervello (pur rappresentando circa il 3% del nostro peso, consuma il 25% dell’energia a disposizione) e a smaltire i rifiuti accumulati nel liquido cefalo rachidiano che lo avvolge (l’accumulo di certe proteine di scarto è premessa al rimbambimento dell’Alzheimer).
Serve poi a sognare (chi non sogna ad occhi chiusi per l’effetto di alcool o droghe, può provare l’incubo delle allucinazioni ad occhi aperti e vedere le oche aprendo l’armadio), ma, soprattutto, per ciò che riguarda il nostro obiettivo, serve a smaltire l’eccesso di esperienze diurne, evidenziando le verità nascoste nella confusione iperattiva del giorno.
Valga, a capire meglio, l’esempio della memoria: sappiamo da tempo che una delle funzioni importanti dei ricordi non è quella di mettere nel cassetto tutto ciò che accade, ma di selezionare ciò che vale la pena di essere ricordato, sbarazzandosi del superfluo. Immaginatevi quale caos succederebbe se doveste ricordare tutti gli stimoli che arrivano durante il giorno al vostro cervello dai vari sensori sparsi per tutto il corpo (visivi, tattili, olfattivi, uditivi, gustativi, propriocettivi ecc.). Invece di formare esperienze utili, potrebbero derivarne confusioni esplosive.
Quanto sopra per dire che, dormendo, noi stiamo anche lavorando e per smentire che il sonno sia un momento di sospensione di ogni attività, una sorta di pigrizia e di assenza. Da quanto detto deriva che il proverbio di cui al titolo andrebbe modificato come segue: “Chi dorme non piglia pesci, ma può prendere qualcos’altro”.
Mentre gli studi di laboratorio possono risultare monotoni, le citazioni storiche sono sempre di immediato interesse. Il chimico russo Dmitrij Mendeleev riferì di aver visto “quasi” in sogno la bozza della sua tavola periodica degli elementi chimici; Einstein ammise di aver capito, svegliandosi, che non esistono punti fissi di riferimento nello spazio, la base della famosa teoria della relatività; Niels Bohr, fisico danese, ha raccontato di aver avuto l’intuizione del moto circolare degli elettroni intorno al nucleo atomico dopo aver sognato cavalli che correvano lungo un anello ovale come un ippodromo; il farmacologo tedesco Otto Loewi ha raccontato di aver intuito in una transizione sonno veglia l’esperimento che gli avrebbe consentito di dimostrare che la comunicazione tra le cellule nervose avviene tramite mediatori chimici.
Gli aneddoti in proposito si sprecano e si tratta sempre di gente che, dormendo, non ha preso pesci, ma qualche premio Nobel sì!
Solo per chi volesse capire meglio, aggiungo due parole sui meccanismi neurofisiologici del misterioso fenomeno. Si distinguono episodi diversi di sonno che si alternano più volte, con diversa durata, durante il riposo: la fase del dormiveglia, caratteristica dell’addormentamento; più fasi di sonno profondo; una fase REM (Rapid Eye Movement, ovvero il momento in cui gli occhi sbattono in modo rapido e il dormiente sogna); la fase del risveglio.
Nelle prima si attende che si spenga l’interruttore centrale della coscienza (la S.A.R.A., sostanza attivatrice reticolare ascendente, collocata in profondità nel cervello); spento l’interruttore dorme tutto il cervello che ne approfitta per ripulirsi, rimanendo accesi solo i circuiti collegati all’attività cardio circolatoria, respiratoria e di altre funzioni vegetative (la digestione, la funzione renale, la funzione endocrina ecc.); durante la fase REM (il momento dei sogni) si riaccendono i circuiti emotivi centrali, rimanendo spenti i circuiti corticali deputati alla disciplina e alla ragione (come quando, in classe, il maestro esce provvisoriamente dall’aula e la scolaresca inizia la caciara); durante il risveglio si riattiva parzialmente la coscienza e possiamo approfittare in diretta del momento di massima pulizia e rendimento del cervello riposato.
Concludiamo sottolineando che, se dormire è assolutamente obbligatorio, il tempo necessario ad approfittarne è del tutto soggettivo: c’è chi fa tutto (riposare, ripulire, sognare) in quattro/cinque ore e c’è chi ha bisogno delle canoniche otto ore. Ad ognuno il suo e non esageriamo col caffè e con la saggezza della nonna.
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