Tremila siepi e cinque operazioni al collo non bastano a fermare Francesca Mentasti
La giovane atleta varesina, allenata da Silvano Danzi, ha fatto il tempo minimo per essere convocata agli Europei U23 dopo un calvario iniziato nel 2016 per un problema subdolo che non trovava soluzione. A Torino, nel dicembre 2024, l'operazione che l'ha fatta ripartire

Con il crono di 10:14.55 Francesca Mentasti conquista il tempo minimo per ricevere la convocazione per i Campionati Europei Under 23 (che si disputeranno a Bergen in Norvegia dal 17 al 20 luglio), al termine di una gara combattuta disputata a Bruxelles. La prestazione le permette di ottenere il minimo federale, ma il valore del risultato va ben oltre i numeri: tra ostacoli affrontati male, una caduta sulla barriera e un salto fuori ritmo, la giovane atleta ha saputo reagire con tenacia e lucidità, recuperando posizione dopo posizione fino al traguardo.
E questa è la parte sportiva, pura cronaca, di una storia che invece nasce da una patologia subdola e nascosta. Una fistola branchiale ha condizionato la vita e gli allenamenti dell’atleta varesina, che ha dovuto affrontare cinque operazioni al collo per rimuovere quel problema che per anni le ha provocato dolori e problemi fisici. E sembra quanto mai un segno del destino che proprio lei scegliesse come disciplina i 3000 siepi: tosta, complicata, fatta di ostacoli alti e rigidi ma che alla fine sa regalare tante soddisfazioni. «Inizialmente – spiega Francesca – avevo un rapporto particolare con questa gara e a un certo punto ho anche pensato di non farla più. Poi però ho pensato che riflettesse il mio percorso e ho così deciso di portarla avanti».
Gli ultimi anni non sono stati facili per la giovane atleta varesina, che ha frequentato il “Manzoni” e ora studia psicologia all’università. Un lungo percorso tra visite, ospedali e operazioni iniziato nel 2016. «Ho iniziato ad avere mal di gola ma senza motivazioni particolari. Il male però non passava, continuavo a non stare bene e non rispondevo agli antibiotici; hanno quindi deciso di intervenire chirurgicamente, ma la prima operazione non andò bene, tanto che rimasi cinque giorni in coma farmacologico. Fu dura ripartire, anche a livello agonistico, in quel momento difficile anche partecipare a piccole gare come il Piede d’Oro mi dava i giusti stimoli per andare avanti. Ma poco più tardi ho avuto una recidiva che ha portato a un’altra operazione. Ogni volta mi dicevano fosse definitiva, ma nel 2019 la situazione si è ripresentata e hanno deciso di riaprirmi il collo, drenando l’infezione ma non togliendo il problema principale, quella fistola che non riuscivano a vedere».

«Nel luglio 2023 – prosegue Francesca – sono tornati i dolori. Ho affrontato un’altra operazione con drenaggio ma anche questa volta, dopo un mese e mezzo, il problema si è ripresentato. Un nuovo intervento, convinti ancora di avermi guarito definitivamente, ma anche questa volta la malformazione era stata rimossa solo parzialmente. Ogni volta ripartire da zero era difficile, anche perché ero molto ambiziosa e vedevo i miei compagni di allenamento ottenere bei risultati. Dopo un’esperienza in Indonesia per volontariato, sono tornata in ospedale a settembre 2024. È stato un lungo ricovero ma nonostante i tanti antibiotici la situazione non migliorava. A questo punto mi hanno indirizzato verso un dottore di Torino, Giovanni Succo. Il professore mi ha spiegato che l’intervento era molto rischioso e poteva portare a problematiche croniche. Ma io non ne potevo più e ho deciso di rischiare per non portarmi dietro questo problema per tutta la vita. Mi sono completamente affidata a lui e alla fine è riuscito a togliere una fistola branchiale di 10 centimetri».
Un rischio che ha pagato, anche se qualche segno lo ha lasciato: «Ho perso in maniera permanente la sensibilità alla parte sinistra della faccia e del collo e questo condiziona anche la mia corsa. Ma il professore, dopo mille controlli approfonditi mi ha assicurato che questa volta la situazione è davvero definitiva, dandomi così la possibilità di godermi una nuova vita. Gli ho promesso che quando vestirò la maglia della nazionale faremo una foto insieme».
Tra le tante persone che le sono state vicino c’è anche l’allenatore, non uno a caso, Silvano Danzi, da anni punto di riferimento del mezzofondo in Italia e coach, tra gli altri, anche di Pietro Arese. «Soprattutto nel mio periodo di ricoveri, Danzi è la persona che mi ha motivato di più a non mollare e proseguire. Ha attenzioni quotidiane e sono convinta che i risultati ottenuti sono frutto del mio impegno ma anche suoi insegnamenti e del suo gruppo che ha creato. Ha sempre speso belle parole per me».
Ora non restano che gli ostacoli sulla pista, lungo quei tremila metri nei quali si lotta, si stringono i denti e si cerca di ottenere la vittoria. Proprio come ha fatto Francesca Mentasti nella vita.
Visualizza questo post su Instagram
TAG ARTICOLO
La community di VareseNews
Loro ne fanno già parte
Ultimi commenti
Felice su Risse, violenza e atti osceni, le «calde» notti sul lungolago di Laveno Mombello
Andrea Camurani su Risse, violenza e atti osceni, le «calde» notti sul lungolago di Laveno Mombello
GiuseppeMaranghi su Risse, violenza e atti osceni, le «calde» notti sul lungolago di Laveno Mombello
axelzzz85 su Il viadotto della tangenziale di Vedano è tornato percorribile: a ottobre la riapertura completa
lenny54 su "La situazione a Gaza è inaccettabile", si fermino le armi
EnnioSpaggiari su Aggiudicati i lavori per l'area ex Siome di Malnate
Accedi o registrati per commentare questo articolo.
L'email è richiesta ma non verrà mostrata ai visitatori. Il contenuto di questo commento esprime il pensiero dell'autore e non rappresenta la linea editoriale di VareseNews.it, che rimane autonoma e indipendente. I messaggi inclusi nei commenti non sono testi giornalistici, ma post inviati dai singoli lettori che possono essere automaticamente pubblicati senza filtro preventivo. I commenti che includano uno o più link a siti esterni verranno rimossi in automatico dal sistema.