Fondi per la disabilità insufficienti per 30 ragazzi di Varese appena maggiorenni

Costi, diagnosi e tagli agli enti locali aumentano: «Il sistema per il sostegno alla disabilità è al collasso, va ripensato», afferma Molinari rispondendo a un papà

Generico 2018

Per i ragazzi disabili diventare maggiorenni significa perdere ogni tutela: «Per lo Stato italiano è come se guarissero – racconta un papà di Varese Non c’è nessun passaggio automatico tra le tutele riservate al minore disabile e quelle previste per l’adulto con disabilità. Per l’Inps bisogna rifare tutto da capo, a partire dalla diagnosi».
Un’assurdità che purtroppo rappresenta solo l’inizio di un percorso ad ostacoli in cui i diritti del ragazzo divenuto maggiorenne, anche dove sanciti per legge, sempre più spesso vengono disattesi per mancanza di fondi sufficienti.

L’assenza di un passaggio automatico tra il sostegno economico che spetta a un minore disabile e quello riconosciuto a un giovane adulto costa alla famiglia fatiche burocratiche e un tempo di ridotta disponibilità economica, ma a gettare nello sconforto i genitori è l’incertezza di veder riconosciuti alcuni diritti, a partire dal diritto a frequentare un percorso per lo sviluppo dell’autonomia.
Sia questo uno SFA – Servizio di formazione all’autonomia per disabilità cognitiva intellettuale di grado medio diagnosticata sin dalla prima infanzia – oppure un CSE – servizio diurno sempre dedicato allo sviluppo delle autonomie per disabilità medio-lievi.

Dal momento in cui il minore con disabilità diventa maggiorenne, i costi per la sua formazione passano in carico al Comune di residenza.
Il  Comune di Varese attualmente copre le rette di percorsi per l’autonomia dei disabili di 65 persone tra SFA e CSE, cui si aggiunge la copertura delle rette dei centri diurni frequentati da 45 persone per un totale di 1,3 milioni di euro di spesa.

Ma ci sono altri 30 ragazzi, appena maggiorenni o poco più grandi, che pur avendone diritto sono in una sorta di “lista d’attesa”: hanno regolarmente presentato la richiesta per quello che è il loro diritto a frequentare percorsi per l’autonomia Sfa o Cse, ma il Comune non ha fondi per soddisfare le richieste.

FONDI INSUFFICIENTI: SERVIZI SOCIALI DA RIPENSARE

«Capisco che soprattutto per i genitori la situazione sia frustrante, hanno tutta la mia solidarietà», afferma l’assessore ai Servizi sociali del Comune di Varese, Roberto Molinari.
«Il sistema di sostegno alla disabilità, così com’è organizzato, non riesce più a reggere a livello nazionale. Va completamente ripensato», aggiunge elencando i diversi punti di criticità che sono innanzi tutto economici.

«Purtroppo l‘aumento delle diagnosi di disabilità da un lato (QUI alcuni numeri)e i continui e progressivi tagli lineari ai trasferimenti agli Enti locali dall’altro, non ci permettono di rispondere in maniera piena e positiva a tutte le richieste, come saremmo tenuti a fare», ammette l’assessore, ricordando che il Comune è tenuto al pareggio di bilancio: «Non possiamo neppure chiedere prestiti o fare debiti per avere la liquidità necessaria».

A peggiorare il quadro si aggiungono da ultimo i maggiori costi per il personale dovuti al rinnovo del contratto di lavoro «che sono stati scaricati sulle rette degli utenti, che costano in media dal 5% al 15% in più”, spiega Molinari precisando che il problema vale per tutte le disabilità, più o meno gravi, di giovani e anziani.

A totale carico del Comune ci sono infatti  anche le rette per i centri residenziali – 1 milione e 620 mila euro stanziati nell’ultimo bilancio del Comune di Varese per 55 persone in carico – e per le case di riposo, con uno stanziamento che pure è di 1,6 milioni di euro e l’assistenza domiciliare per altri 300 mila euro.

A carico di Regione Lombardia ci sono invece altri capitoli di spesa per le disabilità più gravi, il cui intervento rientra nella definizione dei servizi socio-sanitari, anche per quanto riguarda i percorsi di formazione delle autonomie, come il progetto Vita indipendente per la totale autonomia e Dopo di noi , per un totale di 35 utenti sul biennio 2024-2025.

IL RACCONTO E LE RICHIESTE DI UN PAPÀ

«La disabilità intellettivo-cognitiva di mia figlia è di grado medio. Le è stata diagnosticata nella prima infanzia. Da allora ha seguito un suo percorso in cui siamo stati accompagnati dalle Istituzioni: Ospedale, Scuola e Comune, che da ultimo, ha garantito il trasporto alla struttura frequentata fino a giugno». A parlare così è un papà, autore di una lettera (leggila QUI), raccontando di un percorso fin qui lineare, articolato, in cui anche la collaborazione tra enti ha funzionato. Ma tra qualche settimana la ragazza sarà maggiorenne, e questo cambia tutto.

La neuropsichiatra ritiene necessario per lei un percorso SFA di 40 ore alla settimana. Sono solo gli enti privati a proporre simili percorsi. Il costo è di oltre mille euro al mese (1.100 euro, per la precisione).
Per legge spetta ai Comuni di residenza coprire le rette dello SFA: «Ma il Comune di Varese mi ha risposto ufficialmente che non pagherà, non a settembre. Mia figlia è ventesima in graduatoria. Cioè ci sono altri 20 ragazzi, 20 famiglie prima di noi che non vedono riconosciuto alcun contributo per un percorso verso l’autonomia del proprio figlio disabile». 

Non ci sono fondi a sufficienza per tutti: «In Comune mi hanno consigliato di cominciare a iscrivere lo stesso mia figlia a un percorso SFA cominciando a pagare io la retta e poi si vedrà. Io e mia moglie siamo due impiegati e non possiamo sostenere una retta di 1100 euro al mese: quale famiglia può?»
La spesa sostenibile è un modulo ridotto, di 16 ore a settimana, con una retta di 570 euro al mese. Che comunque è come avere un secondo mutuo. Per i figli si fa tutto, certo: «Ma la legge attribuisce al Comune l’onere di questa spesa: non è giusto che sia la famiglia a farsi carico di questa spesa importante e sprattutto non è giusto per mia figlia fare meno della metà di quello che la neuropsichiatra ritiene necessario per sviluppare al meglio le sue potenzialità di autonomia. La preoccupazione è che, nonostante gli sforzi, mia figlia possa non progredire abbastanza o, peggio, possa regredire».

«Mi rendo conto delle difficoltà dell’Amministrazione comunale e non voglio fare polemica – aggiunge il papà –Vorrei che chi di competenza si attivasse perchè la legge sia rispettata. Per mia figlia e per tutte le persone con disabilità che come lei hanno il diritto di seguire dei percorsi per sviluppare le loro autonomie. Da due anni scrivo lettere a tutti: al Comune, alla Regione, al Governo. Il sindaco agalimberti e l’assessore Molinari mi hanno convocato, ci siamo incontrati, ma non hanno trovato una soluzione positiva. Nessuna risposta invece da Ministro e Assessore regionale».

QUI la lettera in attesa di risposta.

Quando un ragazzo disabile compie 18 anni si trova davanti a un muro

Lidia Romeo
lidiaromeo@gmail.com

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Pubblicato il 04 Agosto 2025
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