“Lo Svizzero del Canton TI”, Carlo Banfi racconta le Valli del Verbano tra memoria e speranza
Il libro intreccia storie di frontiera, figure memorabili e paesaggi amati, dalla ruralità del passato alla complessità del presente

Fin dalle prime righe, il nuovo libro di Carlo Banfi si presenta come un atto d’amore verso le Valli del Verbano, i loro paesaggi e i loro abitanti. L’epigrafe biblica scelta per aprire il volume – «Il Signore Dio prese l’uomo e lo pose nel giardino di Eden, perché lo coltivasse e lo custodisse» (Gen. 2,15) – non è solo un richiamo simbolico, ma una dichiarazione di intenti: Banfi vede le sue valli come un Eden da custodire, raccontare e tramandare.
Nei racconti, cuciti insieme come capitoli di un romanzo corale, si percepisce una conoscenza intima dei luoghi, delle case, delle strade e delle persone. L’autore restituisce con delicatezza la trasformazione di questi territori, dal secolo scorso fino ai giorni nostri, passando dalla ruralità laboriosa alla modernità industriale, senza trascurare una parentesi dedicata alla costa ligure. Ma è nelle Valli del Verbano che il suo sguardo si fa più affettuoso, quasi familiare: i personaggi e i panorami emergono con la forza di chi li ha vissuti e amati, di chi conosce ogni piega del paesaggio e ogni sfumatura del carattere umano che lo popola.
Fra i protagonisti spicca “Lo Svizzero”, “il Maggi” nella narrazione: Giancarlo Galli, ex funzionario della Dogana Elvetica e Console Onorario a Luino, oggi anima e custode del “Rifugio Animali Felici”. Banfi racconta la sua scelta di dedicare la pensione agli animali con un calore che va oltre la semplice cronaca: è il ritratto di un uomo che ha fatto della cura e della dignità altrui la sua missione quotidiana.
Non mancano pagine intrise di memoria viva, come quelle dedicate a un anziano di Cremenaga, testimone diretto delle vicende di confine lungo la Tresa, degli ‘sfrosatori’ e dei passaggi clandestini tra il 1943 e il 1945, anche in presenza delle pattuglie tedesche. Sono storie che Banfi riporta con partecipazione e rispetto, consapevole di raccontare un patrimonio collettivo di coraggio, astuzia e sopravvivenza.
L’esperienza dell’autore come insegnante affiora più volte, nei ricordi degli incontri con studenti curiosi e desiderosi di una parola nuova. In quelle pagine si coglie la reciproca influenza tra maestro e allievi, un dialogo che ha contribuito alla crescita umana dello stesso Banfi.
Se a tratti emerge il “male di vivere” evocato da Montale e Sereni – figure poetiche che rimangono modelli di riferimento – la narrazione non cede mai alla rassegnazione. Nei racconti dedicati alle Romite Ambrosiane del Sacro Monte di Varese (“Baluardo estremo”) e in altre pagine percorse da una tensione metafisica, Banfi lascia intravedere semi di speranza e possibilità di inversione di rotta, anche quando la realtà sembra oscurarne la luce.
Lo Svizzero del Canton TI è quindi molto più di una raccolta di racconti: è un omaggio affettuoso e consapevole alle Valli del Verbano, ai loro volti e alle loro storie, un mosaico narrativo che unisce memoria, identità e fiducia nel futuro.
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