Slapp, la “sberla” alla libertà di stampa: al Festival Glocal un appello per difendere i giornalisti dalle querele temerarie
Libertà di stampa e querele temerarie sono un pericolo per un giornalismo indipendente. La Lombardia è la regione con il maggior numero di casi rilevati da Ossigeno
Durante la prima giornata del Festival Glocal a Varese si è discusso di libertà di stampa e querele temerarie in un panel denso di testimonianze e dati, moderato da Andrea Camurani nella sala Morselli della Biblioteca.
Al tavolo tre voci che da anni affrontano in prima linea il tema delle Slapp – acronimo di Strategic Lawsuit Against Public Participation, ossia “azione legale strategica contro la partecipazione pubblica” –: Alberto Spampinato, fondatore e presidente di Ossigeno per l’Informazione; Giorgio Fraschini, responsabile whistleblowing di Transparency International Italia e Lorenzo Bagnoli, condirettore di IrpiMedia.
Cosa sono le Slapp e perché minacciano la libertà di stampa
Le Slapp sono querele o cause civili intentate con un obiettivo preciso: intimidire chi informa o denuncia abusi, anche quando le notizie sono veritiere e documentate.
Si tratta di un uso distorto della giustizia che mira a fiaccare giornalisti, attivisti e whistleblower attraverso la minaccia di risarcimenti milionari, l’allungamento dei procedimenti e il peso insostenibile delle spese legali. In Italia, dove la diffamazione resta un reato penale, queste azioni trovano terreno fertile, spesso favorite da una legislazione che – come ricordato da Spampinato – “permette di usare la legge come un manganello”.
I numeri di Ossigeno: una crescita costante delle minacce
Ossigeno per l’Informazione monitora dal 2008 lo stato di salute della libertà di stampa nel Paese. I dati mostrano un fenomeno in drammatica espansione: nel 2006 erano segnalate 20 minacce, nel 2007 già 40, nel 2008 oltre 200. Oggi, a distanza di quasi vent’anni, l’associazione ha documentato più di 8.000 episodi tra querele pretestuose, intimidazioni e ritorsioni. Ogni anno vengono raccolte in media quasi 500 segnalazioni, con punte di 900 nei periodi di maggiore attività degli osservatori regionali. La Lombardia è la regione dove si è contato il numero maggiore di Slapp, sbalzando il Lazio da sempre in cima alla classifica.
Secondo Spampinato, il 92% delle denunce per diffamazione si conclude con un proscioglimento, ma dopo anni di processi e migliaia di euro di spese legali. “Nel 2019 le denunce erano già 9.000, oggi superano le 10.000. Pubblicare notizie sgradite ai potenti è diventato un rischio quotidiano”, ha ricordato. Ossigeno offre anche uno sportello legale gratuito per giornalisti e attivisti, con il 98% di successi nei procedimenti seguiti.
Whistleblowing e disparità di potere
A illustrare la condizione dei whistleblower, cioè di chi denuncia irregolarità all’interno di organizzazioni pubbliche o private, è stato Giorgio Fraschini di Transparency International Italia. “Spesso si trovano in posizioni di debolezza estrema: se vengono scoperti, rischiano il licenziamento e costosi procedimenti giudiziari. È necessario riequilibrare il rapporto di forza tra chi subisce una Slapp e chi la promuove, di solito economicamente più potente”.
Fraschini ha citato il caso del medico Francesco Zambon, autore del rapporto sull’emergenza Covid all’OMS, citato in giudizio per 250 mila euro dal suo superiore. “È l’esempio perfetto di querela intimidatoria – ha spiegato – che agisce come una minaccia anche per l’elevata richiesta risarcitoria”.
L’esperienza di IrpiMedia: otto querele e 250 mila euro di richieste di risarcimento
Il condirettore di IrpiMedia, Lorenzo Bagnoli, ha portato la testimonianza di una redazione indipendente che vive quotidianamente sotto pressione. “Abbiamo in corso otto cause per un totale di 250 mila euro di risarcimenti richiesti. Se dovessimo pagarli, chiuderemmo. In Italia non esiste alcuna protezione per realtà come la nostra”.
Bagnoli ha denunciato anche nuove forme di censura: “Oltre alle cause legali, ci sono strumenti più sottili come la deindicizzazione forzata degli articoli. Agenzie private, invocando il diritto all’oblio, spingono i piccoli media a rimuovere notizie scomode, cancellando di fatto la memoria pubblica”.
L’Europa e la direttiva anti-Slapp
Nel 2024 l’Unione Europea ha approvato la direttiva anti-Slapp, destinata a tutelare giornalisti e attivisti da azioni legali pretestuose, almeno nei casi con competenza transfrontaliera. La norma prevede la possibilità di archiviazione rapida delle cause civili e il rimborso delle spese legali per chi subisce querele temerarie. Tuttavia, come ha sottolineato Spampinato, “l’Italia non ha ancora avviato l’iter di recepimento, nonostante le sollecitazioni della Commissione Europea. E senza recepimento, la direttiva resta lettera morta”.
Accanto a essa, il Regolamento Europeo sulla Libertà dei Media (European Media Freedom Act), approvato nel 2024 e in vigore dal 2026, imporrà regole più severe per la trasparenza editoriale, la governance delle emittenti pubbliche e la protezione delle fonti. Ma anche qui l’Italia mostra resistenze, soprattutto sul tema dell’indipendenza della Rai, che secondo Spampinato “continua a essere controllata dalla maggioranza politica in violazione dei principi europei”.
Il rischio di un giornalismo senza difese
Se la politica continuerà a rinviare l’applicazione delle norme europee e a ignorare la gravità del fenomeno, l’effetto sarà devastante. “Le Slapp – ha concluso Spampinato – stanno svuotando il giornalismo del suo ruolo di servizio pubblico. Chi informa senza tutele è più vulnerabile, più solo e meno libero”.
Il messaggio emerso dal panel è chiaro: senza un fronte comune tra giornalisti, lettori e cittadini, la battaglia contro le querele bavaglio è destinata a essere perduta. La libertà di stampa, già oggi sotto attacco, rischia di trasformarsi in un privilegio per pochi.
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