“Il futuro dell’Italia è nelle nostre mani”

Una riflessione di Mauro Colombo, direttore di Confartigianato Varese, sulla situazione attuale del Paese. «Dobbiamo andare oltre la politica, perché ormai è tardi per criticare e sollevare i fallimenti della nostra classe dirigente»

mauro colombo direttore generale confartigianato vareseOggi, più di quanto fosse mai accaduto in passato e nei peggiori anni della crisi economica, ci dobbiamo costringere ad un ulteriore atto di responsabilità: perché il futuro dell’Italia è nelle mani di cittadini e imprese. La politica, così come la si intendeva tanti anni fa, non esiste più. E non possiamo pretendere che esista. Nessuno sa più immaginare scenari nuovi, e veri, da offrire a questo Paese. Dobbiamo andare oltre la politica, perché ormai è tardi per criticare e sollevare i fallimenti della nostra classe dirigente. Abbiamo raggiunto l’apice della paralisi. Con questo non vogliamo dire che essere e fare il politico sia facile. Non lo è mai stato e non ci poniamo “contro” coloro che sono stati chiamati a rappresentare i cittadini a Roma. Tra chi si propone in un certo modo, e con certi atteggiamenti, ci sono anche coloro che fuggono l’occhio televisivo e i servizi giornalistici per cercare di porsi al servizio della collettività.
Nell’immediato, dobbiamo sopravvivere: è una verità difficile da accettare, ma si tratta pur sempre di una verità. Una posizione decisa la si doveva prendere, così come Confartigianato Varese ha fatto per mesi e mesi sottolineando giorno dopo giorno le difficoltà delle micro e piccole imprese nei bisticci con gli istituti di credito, nell’ottenere liquidità, per i fidi chiesti per pagare tasse e collaboratori, nel mantenimento del capitale umano a tutti i costi. Quando il sistema-Italia stava ormai accusando una confusione politica contro la quale nessuno avrebbe potuto fare nulla. E’ una colpa arrendersi, ma è anche sbagliato non maturare la consapevolezza di trovarsi – a volte, purtroppo – nelle mani degli altri.
Dobbiamo ormai convincerci che la crisi della politica non è un concetto astratto: esiste e non è più governabile. Ci si accorge di quanto questo nostro Paese abbia bisogno di manager anche a livello di Governo, ma nessuno sa pensare, programmare e pianificare azioni che veramente siano a sostegno della nostra economia. La politica di oggi non ha passione e non vive di ideali. Non trasmette un senso di fiducia e sicurezza ai cittadini. Purtroppo, non ne sa leggere e rappresentare i bisogni e i disegni mentali. C’è un distacco enorme, preoccupante, inaccettabile tra il nostro Governo e l’economia reale. Probabilmente, tra i nostri politici, nessuno sa che esistono imprenditori della microimpresa che si portano a casa, come stipendio mensile di un lavoro che occupa dalle 12 alle 14 ore giornaliere, 1000 euro al mese. In crisi, è accaduto anche questo, alcune imprese hanno pagato tutto e tutti rinunciando, addirittura, ad uno stipendio minimo di sopravvivenza.
L’Italia non è più coesa, manca un’idea forte che aggreghi le persone e grazie alla quale mitigare le posizioni di ciascuno (posizioni partitiche o personali), non vuole rinunciare ai particolarismi e all’individualismo. Questa nostra politica non vuole accettare il fatto che l’unico, vero elemento politico è la “comunità” e che si deve pensare il futuro per evitare che il futuro sia uguale al presente.
Lo diciamo anche a noi stessi: rinunciamo ad una parte dei nostri interessi. E questo, per esempio, vale per le imprese nei confronti dei sindacati e di questi ultimi nei confronti degli imprenditori. Perché ormai siamo andati troppo in là per poter gestire l’emergenza, e i limiti di questo Governo sono ben definiti. Non si può più navigare a vista: dobbiamo pretendere da noi stessi un cambiamento che la politica non è in grado di accogliere. Dobbiamo uscire dai confini di ciò che noi stessi rappresentiamo e dobbiamo, in ultimo, farci partecipi di una visione che sia economica e, di conseguenza, sociale.

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 21 Dicembre 2010
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