“Nemmeno a Chievo tifano il Chievo”. Ma a Gazzada Schianno sì
La squadra gialloblu è stata estromessa dalla serie B. Tommaso Pietri, 25 anni, studente di filosofia, racconta come è nato l'amore per la società clivense tra partite al Bentegodi e cori lanciati in modo curioso

Il tifo è passione e alla passione non si comanda, anche se la squadra del cuore retrocede, o, peggio, sparisce.
Quello di Tommaso Pietri, 25enne di Gazzada Schianno, (a sinistra nella foto) è un amore sportivo particolare, scelto con cura e coltivato con dedizione: la “sua” squadra però, il Chievo Verona, è stata estromessa dalla serie B per irregolarità finanziarie e a meno di dietrofront in tribunale, dovrà ripartire dal basso.
Fondato nel 1929 e ricostituitosi nel 1948, il Chievo è la squadra di un quartiere di Verona, ed è l’unico club proveniente dalle categorie regionali minori ad aver scalato l’intera piramide calcistica nazionale, fino a giungere dapprima in Serie A e poi nelle coppe europee: ha partecipato a 32 campionati nazionali, di cui 17 in Serie A, vincendo un campionato di B nel 2007-2008. Negli anni 2000 ha anche preso parte alla Coppa UEFA e alla UEFA Champions League.
«È una passione per cui tutti mi prendono in giro, ma non mi interessa, continuerò a tifare Chievo anche in Terza Categoria – spiega Tommaso, studente di filosofia e scrittore con già due libri pubblicati nel suo giovane curriculum -. Di solito il tifo è ereditario, io da piccolo non avevo una squadra preferita e a casa non c’era una vera e propria passione sportiva per Inter, Juve o Milan. Io ho deciso di cambiare, ho voluto trovare la “mia” strada e ho studiato la storia delle varie squadre, il loro cammino, i loro valori. Così mi sono imbattuto in una squadra i cui tifosi avevano vinto premi per la correttezza, senza ultras, ma solo con dei veri sostenitori. Una meraviglia. Così ho cominciato a seguire il Chievo Verona, le partite, via via con maggiore assiduità. Ho anche coinvolto amici e la mia ragazza di allora. Come ogni amore è stato costruito col tempo: sono andato allo stadio e sono stato anche in “pellegrinaggio” a Chievo, nel quartiere».
«Ho cominciato a seguire la squadra nel 2018, l’anno della salvezza in serie A – ricorda Tommaso -. Il giorno dello spareggio col Crotone ero allo stadio, i tifosi calabresi erano nettamente più numerosi di noi e facevano decisamente più rumore. Al Bentegodi in tribuna ci si poteva spostare a piacimento, un tempo da una parte, il secondo dall’altra: c’era poca gente per i grandi spazi della struttura veronese. Una cosa molto simpatica è che nelle tre volte che sono stato allo stadio, ho riconosciuto i miei vicini, ci si salutava cordialmente. Alla biglietteria la coda era inesistente e anche per trovarla si doveva aspettare un cenno da qualche altro tifoso. Mi ricordo che alla prima partita sono rimasto affascinato dal modo di far partire i cori: un signore anziano vicino a me ad un certo punto, senza ragioni evidenti, lanciava il grido “Chievo”, a cui seguivano altri “Chievo, Chievo, Chievo” da parte del resto dei presenti. Ho provato anche io a far partire il coro, ma solo ai veterani era concesso quel privilegio».
E ora? «Cambia poco, l’attaccamento alla squadra rimane, che si giochi in Terza Categoria o in serie D. I tifosi del Chievo resteranno, hanno scelto di tifare Chievo e non Verona e non è una cosa scontata, anzi: pensate che a Chievo, nel quartiere, ci sono due bar, uno non trasmette le partite e l’altro ha il gagliardetto del Verona appeso dietro il bancone. Nemmeno a Chievo tifano Chievo – chiosa sorridendo Tommaso -. La scalata è partita dal basso, piano piano si risolleverà: siamo combattenti, non lasceremo mai la nostra squadra».
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