Le Acli del XXI secolo, alla ricerca della nuova identità
Il 16 e il 17 febbraio si svolge il ventisettesimo congresso provinciale. Il segretario Ruffino Selmi lascia dopo otto difficili anni, di scelte e decisioni importanti
Sessantanove circoli distribuiti su un terzo del territorio provinciale. Seimilaottantotto iscritti, in calo rispetto agli anni precedenti.
Sono questi i principali numeri delle Acli varesine, l’associazione dei lavoratori cristiani che, sabato e domenica prossimi, si riuniranno per il 27esimo congresso provinciale, all’Istituto Aloisianum in via Luigi Gonzaga 8, Gallarate.
Da oltre sessant’anni, le Acli rappresentano un punto di riferimento per il dibattuito culturale ma anche per i servizi sempre più puntuali e specifici offerti alla cittadinanza.
Dopo otto anni alla presidenza della sede provinciale Ruffino Selmi si avvia a presiedere il suo ultimo congresso per cedere il posto a nuovi vertici.
Iniziamo con il bilancio di questi otto anni
Sono stati otto anni veloci che hanno visto un mio coinvolgimento sempre maggiore. Quando ho iniziato non volevo un coinvolgimento totale per mantenere un mio spazio di libertà e di riflessione. Poi, le azioni avviate e le sfide assunte non mi hanno permesso più di assentarmi coinvolgendomi appieno. Credo che il nostro sforzo maggiore sia stato quello di creare una squadra, un’impresa che, per realtà di tipo volontaristico come la nostra, non è scontata. Oggi abbiamo 50 dipendenti e un’offerta di servizi, consulenze, spazi aggregativi molto ampliata. Abbiamo rinnovato totalmente la sede di via Speri della Chiesa per realizzare uno spazio più funzionale alla nostra duplice missione: al secondo piano, infatti, abbiamo pensato ad uno spazio di accoglienza e di incontro, riservando almeno la metà dello spazio alle realtà straniere.
Questo completo assorbimento cosa le lascia?
Devo molto alle Acli. Gli obiettivi che ci eravamo prefissati e gli sforzi per raggiungerli mi hanno arricchito. Lo spirito volontaristico che anima la squadra è stato fondamentale per accrescere i servizi gratuiti a disposizione della gente.
Cosa rappresentano, oggi, le Acli?
Possiamo parlare di due aspetti. Il primo è quello della massima visibilità che le Acli hanno nel campo della formazione, attraverso Enaip, o degli sportelli, poi c’è l’attività sociale. Oggi siamo decisamente sbilanciati sui servizi, inoltre accusiamo un sostanziale invecchiamento da parte dei nostri associati con un problema di fidelizzazione per i nuovi. Il nostro tallone di Achille, oggi, è proprio la mancanza di energie e di motivazioni nel condurre le battaglie della nostra società.
Sfide nuove e strategie innovatrici. Cosa rimane dello spirito Acli di 60’anni fa?
Oggi viviamo una fase di passaggio che ci costringerà a rimettere in discussione la nostra funzione. I nostri capisaldi rimangono fermi: il mondo del lavoro, la famiglia, la chiesa, l’impegno sociale. Dobbiamo, però, ridisegnare la nostra azione. Due, secondo me, gli strumenti su cui puntare: la formazione sia dei cittadini su temi cruciali, come quello dell’ambiente che abbiamo voluto avviare sull’indicazione che ci diede a Basilea il cardinal Martini con la salvaguardia del creato, sia degli aclisti. Le Acli vanno ripensate come luoghi aggregativi, magari anche dal punto di vista fisico, dove realizzare vera palestra politica.
Le Acli partito politico?
No. Le Acli devono rimanere un luogo di dibattito, di confronto dove esistono aclisti che hanno idee di schieramenti diversi. Come associazioni noi continueremo a sostenere battaglie che ricalcano i nostri ideali: lo abbiamo fatto per il referendum contro la legge elettorale, lo facciamo per la legge sugli sgravi fiscali alle famiglie. Vero è che abbiamo un percorso di attenzione sociale che è incompatibile con alcuni partiti.
E quali sono i rapporti con la Chiesa?
Quello che sta particolarmente a cuore ad un’associazione come le Acli è il tema della qualità della presenza dei laici. Quale ruolo, ascolto e credibilità essi abbiano nel confronto, all’interno della comunità ecclesiale, sui temi che coinvolgono la loro vita di credenti ma anche la vita della comunità: matrimonio e convivenza, ruolo della donna nella Chiesa e non solo nella società, omosessualità, celibato dei sacerdoti, rapporti tra Stato e Chiesa.
Oggi è più difficile di ieri trovare spazi di confronto, di ricerca tra sensibilità diverse maturate tra i credenti, perchè la Chiesa italiana sta cambiando, si presenta diversa anche nel linguaggio e nei documenti. Da oltre dieci anni si è molto diradata se non spenta l’immagine di Chiesa “Popolo di Dio”.
È difficile vivere coerentemente la testimonianza di una Chiesa che non si chiude in sé stessa, che si preoccupa di annunciare e testimoniare il Vangelo, con le sue speranze e le sue denunce, che non rivendica privilegi. Assieme alla coerenza dobbiamo ritrovare però anche il coraggio di attivare una fraterna e franca resistenza quando si materializza una immagine di Chiesa che pretende di possedere tutta la verità, di avere sempre diritto alla parola ultima, di avere la supremazia rispetto alle altre religioni e civiltà, di avere la sicurezza di fare sempre le scelte giuste e conformi al volere divino.
Grandi sfide, dunque, per le Acli del XXI secolo che, proprio per questo, hanno adottato il motto "Migrare dal Novecento, Abitare il presente, servire il futuro".
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