Sindacati sul piede di guerra contro la “tassa sulla salute” per i vecchi frontalieri
Il sindacati denunciano profili di incostituzionalità e doppia imposizione, preannunciando ricorsi e iniziative legali in difesa dei lavoratori transfrontalieri
Un provvedimento atteso e temuto, che ora è realtà. Dopo le posizioni critiche dei consiglieri regionali PD Astuti e Orsenigo e la presa di posizione del consigliere di Luino Artoni, anche l’OCST stigmatizza la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale il Decreto Ministeriale sul contributo di compartecipazione al Servizio sanitario nazionale, rivolto ai cosiddetti “vecchi frontalieri” italiani, proprio a ridosso delle festività natalizie
Una misura che i sindacati hanno ribattezzato “tassa sulla salute” e che riguarda i lavoratori residenti nei Comuni di confine con la Svizzera – in particolare nei Cantoni Ticino, Grigioni e Vallese – che già svolgevano attività transfrontaliera prima del 17 luglio 2023.
Tra il 3% e il 6% del reddito, anche in modo retroattivo
Il Decreto prevede che questi lavoratori debbano versare un contributo obbligatorio compreso tra il 3% e il 6% del reddito netto, con una quota minima mensile di 30 euro e massima di 200 euro. Saranno le Regioni di confine – Lombardia, Piemonte e Valle d’Aosta – a stabilire le aliquote effettive.
A far discutere è anche la retroattività del contributo, che scatterà a partire dal reddito del 2024, pur non essendo ancora state definite modalità e tempi di riscossione.
Criticità sul piano equitativo e operativo
Il meccanismo prevede un principio di progressività, ma secondo i sindacati rischia di avere effetti paradossali: chi ha familiari a carico potrebbe pagare di più, anziché beneficiare di una riduzione.
Altre criticità riguardano la piattaforma online attraverso cui si effettuerà il pagamento, basata su autocertificazioni. La Svizzera ha infatti chiarito che non trasmetterà i dati reddituali all’Italia, rendendo fragile l’intero impianto applicativo.
I sindacati annunciano battaglia legale
I sindacati italiani annunciano una mobilitazione unitaria e ricorsi legali contro la norma, che secondo le sigle violerebbe l’articolo 9 dell’Accordo tra Italia e Svizzera e introdurrebbe una forma di doppia imposizione contraria al diritto internazionale.
Anche le organizzazioni sindacali svizzere sono pronte a intervenire, chiedendo al Governo federale di denunciare ufficialmente la violazione dell’accordo bilaterale.
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