Il medico e la cura per l’ammalato Pinocchio
Leggo e sento in questi giorni notizie economiche che mi inquietano. L’Italia subisce sempre più la concorrenza internazionale; il rischio di chiusura di aziende e di disoccupazione aumenta; i confronti con altre nazioni della Unione Europea non sono per noi lusinghieri; si sentono formulare, da fonti responsabili, irresponsabili ipotesi di uscita dall’euro e di ritorno alla lira. Tranquillizza la pacatezza e la competenza del ministro Siniscalco, che tenta di affrontare i problemi con valutazioni di concretezza professionale. Salvo l’ansia al ricordarsi che il ministro professore non sta sviluppando una ricerca universitaria, ma svolge azione politica condizionato dagli indirizzi e dal clima del governo di cui fa parte.
Si dice che non è più tempo di diagnosi, bensì è ormai tempo di terapie. Mi sovviene di Pinocchio, quando malato a casa della Fata viene visitato dal Corvo e dalla Civetta, illustri medici che, dopo avere tastato e considerato l’ammalato, si scambiano solennemente queste frasi: “A mio credere il burattino è bell’e morto: ma se per disgrazia non fosse morto, allora sarebbe indizio sicuro che è sempre vivo!” – “Mi dispiace di dover contraddire il mio illustre amico e collega: per me, invece, il burattino è sempre vivo; ma se per disgrazia non fosse vivo, allora sarebbe segno che è morto davvero!”
Sono andato a rileggermi il decreto detto della competitività nella sua versione coordinata con le modifiche introdotte dalla legge di conversione del 14 maggio 2005. Volevo controllare appunto la terapia ai nostri mali. Si era fatto a suo tempo gran parlare di questo decreto, sotto l’impressione della crisi del tessile indotta dalla concorrenza dei paesi in via di sviluppo, e in particolare della Cina. L’accento era stato posto sulla contraffazione dei marchi italiani, e con compiacimento si era menzionato l’inasprimento della multa considerata dall’articolo 517 del Codice Penale che puniva, con la reclusione fino a un anno o con la multa fino a 2 milioni di lire, la vendita di prodotti industriali con segni mendaci. Questa multa è stata ora portata a ventimila euro. Qui è tutto chiaro, si tratta di uno strumento di dissuasione verso chi raccoglie e organizza per la distribuzione i materiali contraffatti, più che verso i vu cumprà che sulle spiagge offrono “falsi originali” di borse di Vuitton o Prada. Certo che anche con la multa di 2 milioni di lire, “modesta” per gli organizzatori, impagabile per i vu cumprà, o con la reclusione, meno tollerabile per gli organizzatori ma difficilmente applicata nella sua misura massima, la norma poteva essere un deterrente. Se non ha funzionato, non credo possa meglio funzionare con la multa aumentata di venti volte.
Già il 12 marzo, riferendomi ad anticipazioni di stampa riguardo le deliberazioni del decreto, avevo pensato che queste fossero inadeguate e tardive rispetto alla generalità e gravità dei problemi. Ora ho voluto controllare la terapia proposta.
Mi sono smarrito. É un decreto di soli 16 articoli, ma di settanta pagine. In quasi ogni capoverso c’è la modifica o l’integrazione di norme già esistenti, che spaziano dal fallimento al codice di procedura civile, dallo scioglimento del matrimonio e notificazioni di atti giudiziari alle successioni, alle leggi finanziarie 2004 e 2005, precisazioni sull’IVA, e così via. Vi sono anche alcune norme di nuova formulazione, ma nel complesso il documento appare quale una confusa elencazione di provvedimenti fra loro scollegati di cui spesso si stenta a capire, o si esclude addirittura, il collegamento con lo scopo dichiarato, cioè quello di un piano di azione per lo sviluppo economico, sociale e territoriale e il miglioramento della attitudine italiana a competere economicamente.
Ho voluto farmi una ragione di questa accozzaglia legislativa. E’ un decreto, quindi preparato dal Governo e non discusso in Parlamento. I vari ministri avranno chiamato i loro direttori generali, avranno loro esposto il caso e richiesto di fare qualcosa di appropriato, date le circostanze. E avranno probabilmente raccomandato una qualche sistemazione di questioni pendenti che il ministro, o un parlamentare amico, o qualche lobbysta riteneva bene definire, o per prurito intellettuale o per qualsiasi altra ragione. Negli uffici studi dei ministeri interessati si sono aperti i cassetti togliendo le questioni sospese, si sono affilate le penne, ed è uscito il decreto. Se le correzioni di norme preesistenti erano opportune, da quanto tempo si sarebbero potute attuare! Le cose si fanno giorno per giorno, non si affrontano all’insorgere di una crisi.
E nel frattempo gli imprenditori, i lavoratori e i cittadini tutti, si trovano a fronteggiare questa sfida epocale con implicazioni economiche, organizzative, produttive ed esistenziali.
Concludo con l’osservazione del Grillo-parlante richiesto dalla Fata di dare un suo parere sullo stato dell’ammalato Pinocchio: “Io dico che il medico prudente quando non sa quello che dice, la miglior cosa che possa fare, è quella di stare zitto.”
Sabato, 11 giugno 2005
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