Disperso a causa della dittatura birmana
Il primario di ortopedia dell'ospedale di Busto coinvolto nella tragedia del sud est asiatico
Per quarant’otto ore hanno vissuto un incubo. I famigliari di Ruggero Riva, primario di ortopedia all’ospedale di Busto, sono stati coinvolti direttamente nella tragedia del Sud Est asiatico.
Il dottore, partito per la Birmania il 23 dicembre, dopo l’arrivo dello tsunami non aveva più dato notizie di sé. Nessun segnale giungeva: il fratello e la madre hanno tentato ogni via per avere informazioni. Ma invano. Finalmente la mattina del 28 dicembre l’incubo è finito nel migliore dei modi, con una telefonata liberatoria: «Qui stiamo tutti bene e non è successo nulla».
Per trentasei ore i suoi famiglòiari hanno temuto il peggio, ma il dottor Riva ignorava il dramma: «Nel paese asiatico è proibito il cellulare, non esiste internet. Abbiamo vissuto per due giorni nella più completa ignoranza di ciò che era accaduto a qualche centina a di chilometri da noi. Solo il 27 dicembre, in un grande hotel, un italiano della nostra comitiva ha guardato per curiosità la CNN scoprendo l’inferno. Abbiamo potuto chiamare a casa il giorno successivo, quando in Italia era ormai la mattina del 28. Non abbiamo nemmeno avvertito il sisma: al momento del terremoto eravamo su un autobus impegnati in una trasferta su strade accidentate: i sobbalzi erano tanti».
Quali siano state le conseguenze dell’onda anomala a Myanmar (attuale nome della Birmania) è difficile sapere, dato che la giunta militare ha imposto il più assoluto riserbo: «Quando abbiamo chiesto alla nostra guida quali fossero state le conseguenze dello tsunami – spiega Riva – ci siamo sentiti dire che c’era stata solo qualche vittima. Nessuna notizia ufficiale è stata data, la popolazione era all’oscuro di tutto. D’altra parte l’onda ha coinvolto i primi cento metri della costa.
Rangoon, per esempio, che si trova ad una trentina di chilometri dal mare, non è stata colpita e la mancanza di comunicazioni ha impedito alla popolazione di apprendere la tragedia. Figuratevi che la maggior parte dei birmani ignora la tragedia dell’11 settembre!».
Per il dottor Riva il viaggio è poi proseguito normalmente: «Avevamo il volo di ritorno il primo gennaio e non potevano anticipare. Abbiamo proseguito come nulla fosse successo, in un clima surreale. Al termine della settimana, una coppia di sposini è stata trasferita sulla costa per proseguire la vacanza senza che ci fosse alcun problema».
«Per noi, abituati a comunicare con immediatezza e a vivere bombardati dalle informazioni, è stata un’esperienza incredibile. Quando siamo tornati in Italia mi è stato detto che il mio nome figurava nella lista delle persone scomparse: ma io non lo so, non so nulla di quello che è successo in quei giorni incredibili. Per noi era tutto normale: un normale viaggio attreverso siti archeologici».
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