Maialini addio, sparite 65 mila scrofe: crollo del 21% nelle stalle lombarde
Coldiretti: "La crisi delle stalle ha portato a una riduzione di oltre 65 mila scrofe per almeno un milione e mezzo di suinetti in meno"

La Lombardia dice addio ai suoi maialini. Negli ultimi cinque anni – spiega la Coldiretti regionale – la crisi delle stalle ha portato a una riduzione di oltre 65 mila scrofe per almeno un milione e mezzo di suinetti in meno.
Nella regione che da sola fornisce la metà di tutte le cosce per i grandi prosciutti Dop d’Italia, le province più colpite sono Cremona (che ha perso oltre 28 mila scrofe), Brescia (quasi 17 mila in meno) e Mantova (con una taglio di circa 11 mila) e Lodi (-6.441 capi). L’unica area in pianura che ha fatto registrare un incremento è Pavia, passata da 20.268 a 21.423 con un +5,7%.
Ma a livello lombardo, invece, la riduzione ha superato il 21%, con punte di quasi il 40% a Cremona e di oltre il 17% a Brescia.
La mancanza di un’etichetta d’origine chiara per i prodotti che non sono Dop favorisce le importazioni di carni dall’estero e il crollo delle quotazioni dei veri salumi Made in Italy – spiega Coldiretti Lombardia – Infatti nel 2015 sulla piazza di Modena il prezzo medio dei suini grassi (peso fra i 156 e i 176 chili) è diminuito di quasi l’8% arrivando a 1,35 euro al chilo, rispetto al 1,46 euro dei dodici mesi precedenti.
“Nel 2014 abbiamo resistito coprendo almeno i costi, ma l’anno scorso non ce l’abbiamo fatta: troppe spese e troppa concorrenza dall’estero dove nutrono gli animali con mangimi di qualità inferiore e fanno crescere gli animali molto più rapidamente” racconta Marco Lunati, allevatore di Mairago in provincia di Lodi.
In ribasso anche per le quotazioni dei maialini da 30 chili il cui prezzo medio alla borsa di Milano è passato dai 2,67 euro al chilo del 2014 ai 2,45 euro al chilo del 2015 (-8,2%).
“Fino a pochi anni fa allevavo circa 500 scrofe – racconta Alessandro Palazzi, 46 anni di Somaglia (Lodi) – ma le spese e i costi erano troppo alti, a cominciare dalla manodopera qualificata che serve per un’attività come questa. A malincuore ho dovuto licenziare il mio dipendente e ridurre il numero dei capi. Oggi allevo circa 100 scrofe e ho venduto parte dei terreni, ma la situazione non è migliorata. Lasciar perdere tutto? Ci penso, ma non è possibile. Questa azienda l’ho ereditata da mio padre, dà lavoro a me e a mia moglie. Adesso andiamo avanti giorno e per giorno, ma non so per quanto ancora resisteremo”.
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