La protesta della polizia penitenziaria: “Da due anni aspettiamo l’accordo”
Angelo Urso segretario nazionale della Uil Pa polizia penitenziaria: «C'è un problema di organizzazione del lavoro. Gli agenti non sanno ancora se potranno andare in ferie a natale»
«Siamo a metà novembre e il personale del carcere di Busto Arsizio non sa se potrà andare in ferie a Natale. Per non parlare dell’organizzazione del lavoro quotidiano. Siamo qui per rivendicare maggiore equità nella attuale gestione». Angelo Urso segretario nazionale della Uil Pa polizia penitenziaria, che rappresenta più del 50% del personale, partecipa al presidio organizzato dai lavoratori davanti all’ingresso della casa circondariale.
Il carcere di Busto Arsizio ospita complessivamente 350 detenuti con una media di 48 uomini per sezione, ma in passato i detenuti erano arrivati ad oltre 400 con una media di 73 persone. Il sindacato contesta in particolare la mancata firma all’accordo di secondo livello.
«C’è un decadimento della qualità del lavoro – continua Urso – e la scelta di fare il presidio oggi è dovuta a una serie di campanelli di allarme che ci preoccupano molto. In Italia mancano 8.000 persone in organico e nemmeno la proposta del ministro Alfano di far rientrare in organico personale oggi in amministrazione, circa mille persone, è sufficiente per sanare questa mancanza. La verità è che in questi anni si è investito per tutti i corpi di polizia ma non per quella penitenziaria che vive in un perenne stato di emergenza».

La Uil Pa polizia penitenziaria fornisce una serie di dati relativi al lavoro nelle carceri dove il personale è ridotto ai minimi termini. «Ci sono sezioni detentive – conclude il segretario nazionale – dove un solo agente deve occuparsi di 70 detenuti, che significa: controllare, osservare, garantire la sicurezza e compilare relazioni amministrative. Il tutto complicato dal fatto che in alcune carceri convivono più culture, etnie e nazionalità. Insomma, c’è un problema di sicurezza in generale per gli stessi agenti, non solo di rieducazione del detenuto.».
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