“Mancano mascherine per gli anziani“. Le cuciono le donne del paese

Casalinghe, pensionate, sarte, appassionate di ago e filo si mettono a disposizione per aiutare la collettività

Avarie

La cuoca dell’asilo Edwige, di origini polacche, ha alzato il telefono per chiamare le nipoti di Cracovia: hanno cominciato a mettersi alla macchina da cucire e a fare mascherine per dare una mano all’Italia martoriata dl virus: le hanno spedite a Bergamo, provincia tra le più colpite dal virus.

Nonna Consiglia, 71 anni, anche lei del paese di Cocquio Trevisago, ogni sera supera l’ostacolo delle scale per arrivare di fronte alla sua vecchia Singer per sfornare mascherine da regalare ad amici, parenti e altri anziani della via che oramai non chiedono nemmeno più al farmacista come nei primi giorni del contagio «Avete mascherine?», perché ancora oggi la risposta è «Arriveranno».

Le colpe è bene non cercarle adesso: si parla di forniture ferme all’estero, difficoltà di approvvigionamento, scarsità della rete industriale nazionale quindi piccole grandi falle produttive che rischiano di lasciare a piedi chi ha più bisogno di questi presidi. Che fare? Il sindaco di Cocquio Trevisago – Danilo Centrella, di professione chirurgo – prima del weekend ha fatto girare una sua lettera (nella foto) dove parla chiaro: «Le mascherine fatte in casa non possono sostituirsi ai presidi medici, ma possono aiutare gli anziani a gestire al meglio il periodo dell’isolamento».

E ora ne abbiamo bisogno, chi ci sta? Tradotto: se devi arrivare al cancello per prendere un pacco, se devi uscire di casa, anche sul pianerottolo per bagnare le piante, indossa la mascherina, anche se fatta in casa, può aiutarti. Qualcosa fa. Ma rimane sempre il dilemma: dove trovarle?

Ecco che alla chiamata alle armi del cucito – ago, filo, elastico e stoffa – hanno risposto un manipolo di cittadine in prima linea nella battaglia contro il virus. Risultato: già superate le 250 unità, alcune distribuite agli anziani del paese, ma anche a soggetti con patologie che prevedono speciali protezioni da agenti potenzialmente pericolosi – protezioni, è bene dirlo, che avrebbero dovuto indossare a prescindere dal virus ma che il virus ha reso introvabili.

Dunque c’è la casalinga volontaria della Croce Rossa che si rende disponibile e sforna a iosa pezzi di cotone bicolore con l’elastico, c’è la titolare della piccola sartoria che anche lei sforna quasi senza sosta e anche alcune signore del paesi vicini, come Besozzo.

In tutto le persone che hanno raccolto l’sos del Comune sono quasi una decina. Il prodotto che viene richiesto è lavabile, cioè utilizzabile più volte e che possa resistere a un ciclo in lavatrice. Forse per diventare, si spera tra non più di qualche mese, un ricordo da appendere al chiodo.

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 26 Marzo 2020
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