Quando a Barbiana si imparava il cinese
Oltre 180 scuole portano il suo nome. A distanza di quasi mezzo secolo la lezione di don Milani continua a far discutere

È ripida la strada che porta a Barbiana. Don Lorenzo Milani ci si arrampicò per la prima volta nel dicembre del 1954 e da allora non è cambiata molto. In più c’è solo un rigo spremuto e vivo di asfalto e, prima dell’ultimo strappo, un cartello a indicare la via che porta alla canonica. E sotto c’è Vicchio, la patria di Giotto, che diventa sempre più piccola. Querce, castagni e anche un uliveto che, timido e un po’ sfrontato, ha vinto la paura della tramontana e la sfida con la vita. Un cipresso gigantesco, cresciuto accanto alla casa parrocchiale, sembra un corazziere che fa la guardia al silenzio. La natura qui è padrona .
A Barbiana è rimasto tutto come allora, come quando c’era don Milani: la piscina di cemento, lunga e stretta come un vagone ferroviario, dove i suoi alunni imparavano a nuotare, il pergolato dove facevano lezione in estate, i muri scrostati, i laboratori con gli attrezzi, i grafici e i libri.

Una scritta incisa su un legno indica il piccolo cimitero dove sono sepolti don Lorenzo, la Eda, la perpetua, e la Giulia, la madre della perpetua. Gosto (Agostino Burberi) ha portato i fiori per tutti e tre. Non c’è dolore in quel piccolo fazzoletto di terra circondato da vecchi muri in sasso e tapezzato di foto sbiadite. Si respira, invece, un affetto profondo. Si avverte un rispetto che va oltre la forma che il luogo impone e che lega ancora in maniera speciale gli ex alunni di Barbiana al loro maestro. Forse perché quei bambini – oggi uomini adulti – gli hanno voluto bene come un padre e lui li ha amati come dei figli.
Nel giorno dell’inaugurazione del percorso didattico della scuola di Barbiana, voluto dalla fondazione “Don Lorenzo Milani”, ci sono quasi tutti: gli ex allievi Michele, Gosto, Carlo, quelli di Calenzano e quelli di Vicchio. In un batter d’occhio la canonica si riempie di umanità: boy scout, contadini, preti, immigrati, tanti giovani.
«Questo non è un museo e don Lorenzo non puo’ essere ridotto ad una scampagnata o ad una chiaccherata. Oltre 180 scuole portano il suo nome, questo significa che Barbiana continua a insegnare» dice con un sorriso Michele Gesualdi.
Le porte della scuola si sono, dunque, riaperte per parlare al mondo. La povertà dei luoghi e dei mezzi è evidente, nonostante i lavori, ma ancor più evidenti sono l’amore per l’insegnamento e la volontà di conoscenza che don Lorenzo ha trasmesso ai suoi ragazzi. «Ricordo che quando dovevamo andare in visita allo zoo – continua Gesualdi – abbiamo studiato per mesi gli animali, cosa mangiavano, da dove venivano. Ogni singolo aspetto della vita veniva approfondito. Studiavamo persino il cinese».
I laboratori e le aule sono lì a testimoniarlo: grafici meticolosi sul diritto di voto, cartine storiche, l’albero delle tasse (uno studio preciso e complesso sull’iniquità del sistema fiscale), l’astrolabio fatto di legno, che i ragazzi definivano un po’ pomposamente “laboratorio di astrofisica”, torni e attrezzature costruite con materiali di fortuna, gli sci intagliati dal montanaro Peppone e la mitica scritta “I care”, cioé mi interessa, mi sta a cuore. Una sorta di motto della scuola di Barbiana.
Nei prossimi mesi sarà distribuito un cd-rom multimediale su questa scuola. È stato interamente progettato con software open-source, cioè programmi gratuiti e a disposizione di chiunque li voglia utilizzare. Conoscere per condividere con gli altri e non per il privilegio di pochi. Una scelta su cui don Lorenzo Milani sarebbe sicuramente d’accordo.
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