Effetti della cannabis negli anni? In arrivo uno studio dell’Insubria
La presidenza del consiglio finanzia una ricerca per capire se esista una correlazione tra malattie psicotiche e l’uso di sostanze stupefacenti in adolescenza
Il Dipartimento per le Politiche Antidroga della Presidenza del Consiglio ha affidato alla sezione di Farmacologia dell’Università dell’Insubria uno studio molto importante, con l’obbiettivo di verificare alcuni tipi di conseguenze, in età adulta, dell’uso dei derivati della cannabis in adolescenza. L’ipotesi di lavoro, infatti, è che l’assunzione di sostanze derivate dalla cannabis, contenenti il principio attivo tetraidrocannabinolo, possa influenzare lo sviluppo del cervello dell’adolescente, comportando una maggiore predisposizione a parametri di base (cioè ansia e stess generalizzati) o stimolati (cioè risposte negative a farmaci o situazioni stressanti).
In particolare lo studio, coordinato da Daniela Parolaro, vuole verificare se chi ha assunto queste sostanze in età giovanile ha una maggiore probabilità di incorrere in malattie psicotiche. Tra queste, in genere, si catalogano schizofrenia, ansia e depressione. Ma non sono conoscenze già assodate? «Affatto», chiarisce Parolaro, «anche perché è recente l’idea che durante la crescita il cervello sia ancora in fase plastica, cioè ancora in fase evolutiva, ad esempio attraverso la formazione di nuove sinapsi». La maggior parte delle ricerche attuali, quindi, si sono concentrate sugli effetti dell’esposizione del feto, nel caso in cui a fumare siano le madri. Ma i nuovi presupposti scientifici indicano che qualcosa può cambiare anche dopo la nascita, e alcuni tipi di sostanze possono influenzare la crescita in modo negativo.
Sapere cosa può accadere è importante, visto che statisticamente l’adolescenza è l’età in cui si registra il maggiore abuso di marijuana e hashish.
«La ricerca è partita da quasi tre mesi», racconta Parolaro, «e si svilupperà nel lungo termine. I dati iniziali sembrano indicare una probabilità di effetti depressivi maggiori nelle femmine, ma dobbiamo ancora verificarli e confermarli».
La speranza del gruppo di studio è di divulgare i primi dati durante un’importante conferenza specialistica, che si svolgerà a fine giugno in Ungheria.
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