Tettamanzi a Inarzo: un evento per tutto il paese
Il parroco dell'unità pastorale di Cazzago Brabbia e Inarzo spiega il significato della visita del cardinale di Milano
Quando un cardinale visita una parrocchia è sempre un evento per i fedeli e per tutto il paese. Se poi succede a Inarzo, paesino di 850 persone circa, l’avvenimento è di quelli epocali. Le vecchiette del paese ricordano gli incontri con il cardinal Martini avvenuto nel 2000 e la più antica visita del 9 settembre 1956, quando sua eminenza monsignor Pignedoli, vescovo ausiliario dell’Arcidiocesi di Milano, visitò l’altra anima dell’unità pastorale, Cazzago Brabbia, che dedicò la sede dell’oratorio al Cardinal Schuster giusto 50 anni fa. Domenica 12 marzo la storia si ripete: Dionigi Tettamanzi, nel suo girovagare per le sedi parrocchiali di tutta la diocesi di Milano, arriva anche nel piccolo Comune in riva al lago di Varese. Alle 10 officerà la messa, nel corso della quale si svolgerà la “dedicazione” della nuova mensa dell’altare. Un altro passo deciso dal parroco di Cazzago e Inarzo, don Antonino Martelozzo (foto), dopo la ristrutturazione delle chiese di entrambi i paesi e il rifacimento dell’oratorio, tornato dopo decenni ad essere un punto di ritrovo per tanti ragazzini.
«Il cardinal Dionigi – spiega il parroco – ha fatto una scelta precisa: ha meno tempo del suo predecessore e visita tutte le parrocchie senza soste, per dimostrare la vicinanza dei vertici della Chiesa alla popolazione dei fedeli. L’evento è comune a tutte e due le comunità: con l’aggregazione che facciamo in oratorio cerchiamo di superare un campanilismo che in queste latitudini è parte integrante della vita sociale». Don Antonino lo sa bene, avendo vissuto i primi anni di unità pastorale tra Cazzago e Inarzo, con le diffidenze, dopo 16 anni ancora non del tutto sopite, di gran parte della popolazione dei due paesini: ancora oggi i più anziani rifiutano l’idea di andare a messa nel comune vicino, anche alla celebrazione del Natale, che viene fatta un anno a Cazzago e uno a Inarzo, in una sorta di par condicio religiosa un po’ anacronistica.
Don Antonino è da sempre impegnato negli oratori, prima a Baggio, in provincia di Milano, e ora a Cazzago e Inarzo: «I giovani – spiega – sono il futuro della società e della fede, come diceva Giovanni Paolo II. Io cerco, con i miei collaboratori, di essere il più vicino possibile ai ragazzi, con una presenza educativa costante che nel tempo premia il rapporto tra le persone. Bisogna essere a disposizione sempre, senza mai fare mancare l’appoggio: è una missione delicata, soprattutto in una società svuotata di valori. I giovani vogliono cercare l’altro fuori dai paesi piccoli, ed è giusto che sia così. Con gli adolescenti è più facile, seguono le indicazioni e fanno da collante per tutta la comunità. Quando crescono si allontanano, ma se si crea una rete di rapporti nel tempo si raccolgono i frutti».
A Cazzago e Inarzo le comunità straniere sono ristrette, ma la porta dell’oratorio cazzaghese è sempre stata aperta per tutti: «Penso che l’integrazione e l’accoglienza sia l’unica strada percorribile – conclude don Antonino -. È anacronistico parlare di guerre di religione o scontri di qualsiasi tipo. Ogni popolo deve avere il diritto di compiere il proprio cammino senza interferenze. L’esempio di Giovanni Bosco e Papa Giovanni Paolo II va in questo senso, noi dobbiamo impegnarsi perché non rimangano solo parole».
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