Frane e alluvioni, Legambiente boccia Varese

Sono dodici le città della provincia che non hanno superato l'esame dell'associazione ambientalista. Troppe le case e le industrie collocate in zone a rischio

Bocciata con quattro in pagella. Non fa sconti a Varese l’indagine di Legambiente – denominata "Ecosistema rischio" – dedicata alla prevenzione di frane e alluvioni. Il risultato generale dell’analisi non premia infatti la Lombardia, fatto salvo il suo "efficiente sistema locale di protezione civile" ma è ancor più severo con il nostro territorio. Varese infatti è finita in maglia nera, nella classe di "merito scarso" con Cremona e Lecco perchè, pure avendo nel proprio territorio strutture in aree a rischio non ha avviato, secondo l’associazione ambientalista, adeguati interventi di delocalizzazione. Tra le varesine presenti in calssifica alza la media però Castelveccana che, nonostante la presenza di industrie e case in zone rischiose, si difende bene garantendo interventi di manutenzione ordinaria degli alvei oltre a opere di difesa idraulica. Queste attenzioni, unite a un piano di emergenza comunale aggiornato, una buona attività di informazione per i cittadini e un numero costante di esercitazioni le ha permesso di passare l’esame con un otto. Seguono, a distanza, Fagnano Olona, Taino, Induno Olona e Cuvio, che si salvano sull’orlo con un "sufficiente" mentre sono rimandate Cassano Magnago, Gorla Minore, Marnate, Cugliate Fabiasco, Varese, Grantola, Arcisate: tutte con performance "scarsa". Tra le "insufficienti" più gravi ci sono poi Lonate Pozzolo, Ferno, Cadegliano Viconago, Castronno e infine, tra le peggiori, Cardano al Campo.

In Lombardia, tra i capoluoghi di provincia risulta prima la città di Mantova, anche se con evidenti problemi per quel che riguarda il rischio idrogeologico. Sufficiente anche il punteggio di Sondrio, che pur contando nel proprio territorio la presenza in aree a rischio non solo di industrie ma anche di abitazione e interi quartieri, ha avviato iniziative di delocalizzazione e svolge una costante manutenzione delle aree fluviali. Tuttavia la città possiede un piano d’emergenza non aggiornato e non ha organizzato recentemente né attività di informazione né esercitazioni. 

«Nonostante i comuni lombardi abbiano posto tra le priorità del loro lavoro una politica legata ai temi di protezione civile – spiega Paola Tartabini, portavoce della campagna – in troppi casi ancora non si realizza una seria ed efficace opera di prevenzione. Sono ancora in ritardo interventi di delocalizzazione di abitazioni e insediamenti industriali dalle aree maggiormente esposte a rischio idrogeologico. Se è vero che i piani di emergenza permettono di organizzare soccorsi tempestivi e di formare i cittadini perché sappiano cosa fare e dove andare in caso di emergenza è altrettanto vero che una reale politica di prevenzione non può prescindere dalla necessità di rendere il nostro territorio meno fragile».

 A vent’anni di distanza dall’alluvione in Valtellina – aggiunge in una nota Legambiente – quasi tutti i comuni della Lombardia hanno un piano d’emergenza anche se solo la metà lo ha aggiornato negli ultimi due anni. La regione presenta in tutto oltre 900 comuni che potrebbero correre pericoli, ben oltre la metà del totale: 231 a rischio frana, 435 a rischio alluvione e 248 a rischio sia di frane che di alluvioni.

I primati negativi nel territorio lombardo sono detenuti dalle province di Sondrio (99 per cento dei comuni a rischio idrogeologico) e di Bergamo (75 per cento) mentre è meno esposta – seppur con un valore che sfiora la metà – Varese (49 per cento). Il 77 per cento delle amministrazioni intervistate ha abitazioni in aree esposte a frane e alluvioni, nel 25 per cento dei casi sono presenti addirittura interi quartieri in aree soggette al rischio idrogeologicoe più della metà dei comuni ha degli edifici industriali in zone pericolose.
A fronte di questo dato spicca quello sugli interventi di delocalizzazione perchè solo nel 10 per cento dei casi sono stati presi dei provvedimenti di questo tipo per le abitazioni e nel 9 per cento per i capannoni e gli edifici industriali.

 

«La Lombardia si è dotata di un sistema di intervento nelle emergenze che in molti casi ha dato prova di alta efficienza, tempestività e qualificazione professionale di operatori e volontari – osserva Stefano Maullu, presidente della Commissione Ambiente e Protezione Civile del Consiglio Regionale lombado – ma la cultura della protezione civile non si costruisce solo nell’emergenza: occorrono sforzi capillari, in primo luogo degli amministratori locali, soprattutto sul versante della prevenzione e della informazione dei cittadini e su quello delle scelte di governo del territorio».

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Pubblicato il 05 Ottobre 2007
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