“Di mafia non si parla più. I nostri politici sono distratti”
Il procuratore aggiunto di Milano Nobili ha incontrato i ragazzi di alcune medie. Nel suo intervento, la storia della mafia e i rischi che oggi corre il nostro paese
« Oggi di mafia non si parla molto. I politici sono distratti, convinti che il fenomeno sia in dimunuzione. Ed è proprio in questo terreno culturale che la mafia prolifera, si rafforza e cresce mettendo a rischio il nostro paese». Sono parole dure quelle usate da Alberto Nobili, procuratore aggiunto del Tribunale di Milano, ai ragazzi delle scuole medie di Gavirate, Comerio, Gemonio, Cocquio, Besozzo, Brebbia e Cittiglio seduti in silenzio nell’auditorium della media Carducci.
Con un linguaggio molto diretto e semplice, il magistrato ha ripercorso gli ultimi 40’anni di storia del nostro paese, delle sfide e dei pericoli che la democrazia ha corso per ignoranza, distrazione, indifferenza, sottovalutazione del pericolo.
« Quando negli anni ’80 ci fu il rapimento di Cesare Casella – racconta il dottor Nobili – non si volle vedere la mano della criminalità organizzata. Si diceva "La mafia è una cosa da terroni". Eppure quel sequestro efferato, crudele, che arrivò a tenere per due anni un ragazzo attaccato a una catena, ci doveva far aprire gli occhi. Quella sottovalutazione permise alla mafia di infiltrarsi al Nord, di arricchirsi e proliferare, insinuandosi fino ai settori dell’economia. E quando quegli uomini si misero in giacca e cravatta fecero il loro ingresso nel settore economico, utilizzaro i loro modi infidi e pericolosi, sbaragliando la concorrenza con la violenza e il raggiro. O la forza o la corruzione, per piegare gli amministratori locali».
I ragazzi seguono attentamente il discorso di Alberto Nobili, un racconto che sembra tratto da un libro ma che, amaramente, rilegge gli avvenimenti dell’Italia prima della loro nascita: « Ci volle la stagione del sangue e dei corpi trucidati per far aprire gli occhi al nostro paese. Quando l’Italia fu chiamata a guardare i corpi senza vita dei propri servitori, le lamiere concorte delle vetture e il sangue versato, allora si cominciò a reagire. A rendersi conto di che la mafia esisteva ed era il principale nemico. A Milano, in soli due anni, arrivammo ad arrestare 2500 persone! Questa levata di scudi, però, portò le organizzazioni criminali a cambiare metodo. La mafia non abbandonò le sue attività: si buttò a capofitto nel commercio della droga, fiorente e incruento. Iniziò a operare in silenzio, senza scandali o gesti eclatanti. La sua ferocia, la sua determinazione non cambiarono, solo divennero invisibili. E in questo silenzio, il pericolo della mafia cominciò a scemare».
Un’organizzazione crudele e assassina che crede solo nel dio denaro e non si ferma davanti a nulla e nessuno: « È l’indifferenza il terreno più fertile dove lei si propaga. Per questo voi ragazzi – si raccomanda il magistrato – dovete crescere nella consapevolezza della legalità. Oggi vi dicono che i nostri nemici sono i rom, gli extracomunitari. Ma non è da loro che arriva il pericolo per la nostra democrazia. L’unica arma efficace è la cultura: costruiamo insieme un muro culturale contro cui i valori della mafia si infrangano. Non banalizzate la vostra vita: sappiate divertirvi senza dimenticare i principi di democrazia e legalità. Con la cultura la mafia si può vincere».
Un applauso lungo e convinto ha salutato la fine del discorso del dottor Nobili, primo appuntamento del progetto organizzato di concerto con l’associazione Libera e che proseguirà il mese prossimo con Luigi Merola e Tatiana Ruperto che parleranno del tema "La mafia uccide. Il silenzio pure".
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