La fragola comune

Nuova tappa del nostro lettore amante della natura Teresio Colombo, che ci guida alla scoperta delle bellezze dei nostri territori

La fragola comune

Mercoledì 20/4 decido di andare, subito dopo il pasto, alla Rasa per acquisire materiale per il prossimo   pezzo sulla flora, mi sarebbe piaciuto il pezzo che avevo preparato per la scorsa settimana e che, un virus mi ha distrutto con le fotografie in cui facevo un parallelo fra le fioriture in palude Brabbia e quelle sul versante sud del monte 3 Croci almeno per quanto riguarda la Colombina e l‘anemone giallo, ma ormai non è possibile per questo anno e quindi quel discorso è rinviato all’anno prossimo.

Arrivato alla Rasa decido che il tentativo migliore sia quello di affrontare il sentiero che porta ai prati che fanno da base alla salita sul Chiusarella e in effetti si dimostra una scelta positiva perché trovo subito una notevole quantità di fiori di Fragola comune (1) (Fragaria vesca), questa rosacea ci dà ottimi frutti con buoni sia l’odore che il sapore molto più di quelli commerciali provenienti da culture intensive  che sono molto più grosse ma hanno meno sapore anche se di dimensione molto diversa che rende la coltivazione più conveniente; inoltre stando a quanto scrive G. Peroni  nel suo “Manuale pratico di fitoterapia e terapie naturali ”utile come antireumatico e diuretico facilitante l’eliminazione dell’acido urico.

Vicino ai fiori delle fragole compare un gruppo assai numeroso di Dentaria minore (2) (Cardamine bulbifera) dai petali color lilla chiaro con i caratteristici bulbilli nella parte superiore dello stelo fiorale. Nelle vicinanze si trova fiorita la Celidonia (3) (Chelidonium majus) papaveracea molto comune con una vita vegetativa che copre quasi tutto l’anno è nota soprattutto perché il suo lattice è utilizzato tradizionalmente nella cura delle verruche poiché il liquido che rilascia spezzando le parti verdi della pianta è altamente caustico; l’utilizzo in questo senso dura da almeno 2000 anni, non manca l’Alliaria comune (4) (Alliaria petiolata). di cui ne abbiamo parlato in precedenti pezzi. Fotografati i fiori sul sentiero affronto la salita sulla destra, percorso un centinaio di metri abbandono il sentiero entrando nel prato attratto dai colori della vegetazione in particolare il blu delle Vedovelle dei prati (5) (Globularia punctata) una globuulariacea tipica della collina calcarea quando mi accorgo che un bellissimo esemplare di Carpino nero (6) (Ostrya carpinifolia) mostra i suoi fiori maschili come in tutte le corilacee molto prima di quelli femminili questa pianta è stata molto utilizzata perché facilmente si riproduce per polloni una volta tagliata, particolarmente resistente in luoghi a scarsa umidità,  con i rami si sono da sempre costruiti attrezzi per l’agricoltura, intanto poco discosto dall’albero noto un giallo particolarmente simile alla buccia di limone, mi avvicino e mi confermo che trattasi d Biscutella montana (7) (Biscutella laevigata) una brassicacea meno nota perché cresce oltre i 500 m su terreni con scarso humus ha come particolare la siliqua contenente il seme risulta perfettamente sferica con al centro un rigonfiamento determinato dal seme in maturazione tanto che in taluni luoghi viene indicata con il termine gli occhi di S. Lucia; di un giallo meno freddo è invece la Vulneraria comune (8) (Anthyllis vulneraria) leguminosa molto considerata per il suo valore nutritivo ma ricercata anche per guarire con i suoi impacchi dalle conseguenze di contusioni d’altronde il significato del nome è proprio quello di agire favorevolmente su ferite e piaghe.

A questo punto mi avvio a scendere attraverso il prato per raggiunger il sentiero per il ritorno e, alla prima piccola radura spicca un esemplare di Iva comune (9) (Ajuga reptans) pianta comunissima anche per la facilità di riprodursi per gemmazione delle radici anche superficiali questa pianta con un grande passato perché nel medioevo era ritenuta indispensabile per la cura delle ferite, utile per smaltire gli eccessi di ingestione di alcolici, sostanza leggermente narcotizzante è attualmente ricercata in Piemonte per realizzare la minestra delle cento erbette; ma in questo prato si vede molta Euforbia cipressina (10) (Euphorbia cyparissias) ad elevata tossicità i cui fiori passano dal giallo appena sbocciati, all’arancio nella fase di maturazione al rosso vivo prima di seccare; al limitare  del prato vedo una scorgo una Poligala comune (11) (Polygala vulgaris) di colore rosa carico è una pianta comune nei terreni calcarei il suo nome deriva dal fatto che si era ritenuto che l’infuso di questa infiorescenza favorisse. l’afflusso del latte mater. Finalmente sono tornato sul sentiero ai bordi del quale la Carice palustre (12) (Carex acuta) si mostra facendoci sapere che il terreno è particolarmente ricco di acqua e, sempre ai bordi del prato colgo l’occasione per fotografa il comunissimo ranuncolo montano (13) (Ranuncolus montanus) che si molto diffuso quest’anno nei prati di mezza collina

Teresio Colombo

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 26 Aprile 2016
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