Lo spirito nell’arte di Zoran Music

Cadaveri, ritratti e acquerelli colorati dell'artista sloveno alla Fondazione Braglia

Arte - Mostre

La grande passione di Gabriele Braglia porta ancora una volta sul lungolago di Lugano una mostra interessante dedicata ad un artista italo-sloveno poco conosciuto, ma davvero meritevole di una visita: Zoran Music (1909-2005).

L’esposizione, dedicata alla moglie Anna Braglia scomparsa lo scorso anno, si è aperta il 29 settembre, curata, assieme all’elegante e completo catalogo, dalla nuova consulente alla direzione artistica della fondazione Gaia Regazzoni Jäggli.

La biografia in questo artista è particolarmente rilevante perché, pur avendo egli studiato all’Accademia di Belle Arti di Zagabria, Music può essere opportunamente considerato un artista fiorito tardi, attorno ai quarant’anni, dopo la drammatica esperienza della guerra, dopo il rifiuto all’arruolamento nei reparti speciali istriani e la conseguente deportazione nel campo di lavoro di Dachau, nei pressi di Monaco di Baviera.

L’esperienza del lager nazista segnerà ed accompagnerà l’artista lungo tutto il percorso della sua lunghissima esistenza: eppure la sua arte non mette a nudo un trauma esistenziale, anzi, pur nella tragicità della raffigurazione di alcuni suoi soggetti, la morte per Music non è nemica: forse l’abitudine al contatto quotidiano con questi corpi rinsecchiti ed irrigiditi dal freddo, riuscì a dare all’artista una percezione estetica della situazione estrema che stava vivendo. Quelle tele di Music che hanno per soggetto i cadaveri di Dachau, a Lugano sono state riposte in un angolo del primo piano, ma è tuttavia sbagliato attribuire loro aprioristicamente un significato tombale, perché Music stesso diede a quelle immagini così indelebilmente incise nella propria memoria, un valore estetico, per quanto assurdo possa sembrare. “Cadaveri – racconta lo stesso artista – bianchi come la neve sulla montagna o forse come gabbiani sul mare”.

Non dovette essere semplice vedere a Dachau qualcosa di degno, per il proprio valore intrinseco, di essere artisticamente rappresentato, eppure nel 1963 il Kunstmuseum di Basilea acquisì dieci disegni di Music realizzati, chissà come, durante la prigionia.

Poi ci sono i ritratti, solo suoi e della moglie, dove in una tavolozza terrulea, con l’olio sempre molto tirato, quasi in economia sulla tela, al punto da far intravedere il tessuto di lino sottostante, Music rappresenta la propria interiorità con il colore bianco. Il bianco che torna, che non è mai un colore dominante, ma che è il colore del ‘dentro’, il colore del morto che poteva essere e che non fu, il bianco del morto che non è ancora ma che sarà: bellissimo di questa serie l’ “Autoritratto con mano” (al piano terreno appena entrati subito a destra del banco di ricezione) e l’ “Atelier” del 1989-90 dove Music ha ritratto (in una grande tela ed in due tempi diversi) se stesso accanto alla moglie Ida, figlia del pittore veneziano Cadorin, che fu sua musa per la vita dopo che la ebbe conosciuta nell’immediato dopoguerra.

Completano l’esposizione l’importante serie dei “Cavallini”, iniziata nel 1946, ed una notevole sequenza di acquerelli molto ben eseguiti; questi vanno a costituire per Music una sorta di pittura della superficie, la quale beninteso è giusto abbia una sua rilevanza nella produzione complessiva, anche se il sloveno è un pittore che della realtà cerca il fondo e l’essenza. Si legge, sul retro di copertina del catalogo, un aforisma molto adatto a rappresentare il Music filosofo oltre che artista: “Con il tempo tutto ciò che non è necessario decade. Si dimentica, si elimina, e non rimane allora che l’essenziale”

 

Zoran Music nella Collezione Braglia
Dal 29 settembre al 10 dicembre 2016
Riva Antonio Caccia 6A
6900 Lugano
Il Sito
Ingresso libero da giovedì a sabato: 10 -13 e 14,30 -18,30

di
Pubblicato il 30 Settembre 2016
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