L’affascinante Petra e il serial killer
Il decimo caso con l'ispettore Petra Delicado raccontato da Alicia Giménez-Bartlett affronta il tema della solitudine e del femminicidio.
“Migliorare il modo in cui ci presentiamo agli altri è una prima vittoria contro lo scorrere impietoso degli anni”.
L’ispettore Petra Delicado sta invecchiando. A 50 anni si ritrova spesso a riflettere sulla sua condizione. A mandarla per aria, in uno dei casi più complessi e difficili della sua carriera è anche dover collaborare con il vice ispettore dei Mossos d’Esquadra, Roberto Fraile. Lei ormai è coppia fissa con Fermín Garzón, più anziano di lei e ormai prossimo alla pensione.
Alicia Giménez-Bartlett arriva al decimo romanzo con Petra protagonista. Mio caro serial killer, Sellerio editore, è amaro, pieno di questioni sociali toste. Al centro del racconto c’è il femminicidio e la solitudine che tante persone si trovano a vivere. La scrittrice non si ferma qui però perché mentre la storia si sviluppa affronta altri temi come la malattia mentale e in modo laterale anche la questione Catalana. Non sarà stato un caso che per questa indagine mette insieme una squadra con due corpi di polizia dove Madrid e Barcellona si ritrovano a dover collaborare.
Petra e Fermin sono una coppia collaudata e non smettono mai di provocarsi e vivere l’ironia come antidoto all’orrore a cui devono far fronte. “Quel teatrino che ogni volta inscenate fra di voi come se non contasse nient’altro al mondo” gli riversa addosso il loro collega Roberto. Lui è molto più giovane, rigido e viene da una scuola diversa. Ci vorrà un bel po’ di buona volontà perché possano collaborare e grazie alle loro differenze trovare il bandolo della matassa per una storia davvero ingarbugliata.
“Le esperienze condivise servono per conoscere gli altri, non per cambiare” è un po’ la morale del loro incontro.
Spesso Alicia Giménez-Bartlett viene messa in relazione con Andrea Camilleri. In effetti i due scrittori hanno diversi elementi in comune. In questo ultimo romanzo della spagnola è evidente il desiderio di far passare il tempo e quindi Petra invecchia, così come il suo collega Montalbano. Un’altra analogia è la contemporaneità, ma senza esagerare. Le storie si svolgono in un luogo preciso e in un periodo storico che può esser identificabile, ma che resta universale e questo rende il racconto ancor più forte.
Nello specifico c’è da dire che la forza di Mio caro serial killer non è solo nella costruzione del giallo, che ogni tanto perde un po’ di intensità a causa di alcuni passaggi dell’inchiesta che si comprende bene come stia girando a vuoto. Ciò che rende godibile il racconto, al di là dell’orrore degli omicidi e della violenza, “se ci si mette a pensare dove comincia e dove finisce la malvagità si rischia di diventare matti” è la relazione tra i tre poliziotti e quello che gli sta intorno. Sono le colazioni, i bar, le tapas, le birre, i dialoghi stretti e pieni di ironia, ma anche la profonda stima e la capacità di sentire l’altro.
Tanti ingredienti che Alicia Giménez-Bartlett riesce ad amalgamare bene senza far diventare la storia una maionese impazzita.
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