Pochi aiuti in provincia per chi fugge dalla guerra
Davanti al tribunale dove si svolgeva la prima udienza per l'aggressione a Joshua Morgan, rifugiati e italiani che si occupano delle richieste d'asilo sensibilizzavano l'opinione pubblica sull'argomento
La prima udienza per l’aggressione a Joshua Morgan, il giovane rifugiato della Sierra Leone aggredito lo scorso ferragosto a Varese, è stata un’occasione per mettere in risalto un questione che con l’arrivo di Malpensa nella nostra provincia è diventata sempre più importante e delicata: l’arrivo e l’accoglienza di rifugiati nella nostra provincia.
"I rifugiati non sono dei semplici emigranti, sono persone che scappano dalla loro terra perchè perseguitati" spiegano i rappresentanti del CIR, Consiglio Italiano Rifugiati, che hanno volantinato nella mattina del 19 davanti al tribunale insieme ad un piccolo gruppo di richiedenti asilo "E molti di loro si presentano a Malpensa perchè fuggono in aereo dai loro paesi in guerra". All’aeroporto però si trovano di fronte ad una situazione paradossale: "Ci sono già stati 3000 ‘respingimenti’ da quando è stata aperta Malpensa: il che significa che tremila persone che scappavano dalla loro terra sono stati rimandati indietro, perchè non avevano formulato correttamente la richiesta di asilo" aggiunge Flavio Nossa, che della CGIL varesina è quello che si occupa più specificatamente dei problemi legati a Malpensa "Sapete cosa vuole dire, in concreto? che loro invece di dire alle autorità competenti "chiedo asilo politico", hanno detto "ho bisogno di aiuto" oppure "nella mia terra mi vogliono ammazzare" o "non potevo più stare lì", perciò sono stati cacciati indietro. La legge infatti prevede che la richiesta d’asilo sia espressa formalmente, per poter essere validamente inoltrata. Potete immaginare però che non è facile per uno che arriva in un paese straniero di cui non conosce la lingua riuscire, nei pochi minuti in cui scende dall’aereo e si presenta alla polizia di frontiera, a formulare correttamente la richiesta…." "Niente da dire, però, alla polizia di frontiera di Malpensa – ci tiene a precisare Mario Lotti, responsabile del CIR proprio a Malpensa e in provincia – che si sobbarca spesso oneri superiori alle loro competenze. Ma proprio per non sovraccaricarli di lavoro, noi proponiamo che si applichi a Malpensa ciò che si attua da tempo nella zona transiti di Fiumicino: uno sportello informativo, gestito da privati, che possa orientare le persone in fuga in arrivo in Italia, con l’aiuto di mediatori culturali in grado di conversare con loro e riconoscere se davvero la persona arriva da zone a rischio". Fuori dal tribunale c’erano anche alcuni di coloro che stanno attendendo il riconoscimento dell’asilo politico: sono stati in 270 a chiederlo da quando è stata aperta Malpensa, in gran parte provenienti dalla Sierra Leone, un paese coinvolto da anni in una feroce guerra civile. Tra loro anche Joshua Morgan, che lo status di rifugiato è già riuscito ad ottenerlo, dopo la vicenda che l’ha coinvolto l’estate scorsa, e ora lavora presso una azienda di Olgiate Comasco. Una buona notizia, visto che la pratica che definisce o no se un richiedente asilo può essere considerato un vero rifugiato, che dovrebbe essere risolta secondo la legge entro 45 giorni, dura spesso più di un anno durante il quale non è possibile lavorare. Un controsenso terribile, che lascia i richiedenti asilo per un anno a cavarsela in Italia con un contributo di un milione e mezzo, che lo Stato eroga ai richiedenti aventi diritto per i primi 45 giorni. Dopo, è un istigazione al lavoro nero, e un impegno in più per le organizzazioni di volontariato: "In provincia dei rifugiati si occupa la Caritas – spiega Lotti – anche se la legge prevede per loro l’istituzione da parte dei comuni di centri di prima accoglienza: un problema però che nella provincia di Varese gli enti non si sono neanche posti. E pensare che, come spiega l’Anci in una lettera invito che l’associazione sta spedendo a tutti i comuni italiani, questi centri potrebbero essere costruiti senza esborsi delle amministrazioni, ma con i soldi di un fondo europeo per i rifugiati che ammonta a circa due miliardi e mezzo di euro". |
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