La Bticino insiste con i contratti a termine

Polemiche in azienda per l'uso di assunzioni non a tempo indeterminato

In alcune delle assemblee convocate per la presentazione della piattaforma di rinnovo della parte economica del contratto, alcune lavoratrici assunte con contratto a termine hanno colto l’occasione per riproporre giustamente la loro situazione di precarietà, che in qualche caso dura ormai da anni.

Il loro intervento, ridotto all’osso, è questo: se le cose vanno bene in generale e vanno ancora meglio in Bticino, perché il sindacato non fa niente per la trasformazione del nostro rapporto di lavoro in un rapporto a tempo indeterminato?

All’inizio di quest’anno un altro gruppetto di lavoratrici a termine, dopo innumerevoli pressioni del sindacato sull’azienda, compresa la minaccia di ricorsi legali, è stato confermato con contratto a tempo indeterminato da parte dell’azienda. Il contratto però, anziché essere a 40 ore, come per la generalità dei dipendenti, è stato part time di 36 ore. Pur rivelandosi assurda questa scelta sotto il profilo organizzativo, perché rapporti di lavoro a 36 ore inseriti in un ciclo di lavoro organizzato sulle 40 non hanno fatto altro che produrre contraddizioni e disservizi, che a Bodio si sono sommati ai molti già presenti, l’azienda, come è nelle sue facoltà, ha voluto mantenerla. Alcune delle lavoratrici interessate, al momento della loro conferma e dopo molte esitazioni, hanno dato la loro adesione al sindacato. Passato qualche mese e non vedendo risolto il nuovo problema rappresentato dal loro rapporto di lavoro part time, anziché full time, hanno pensato bene di dare la disdetta della loro adesione, perché "il sindacato non fa niente per risolvere i nostri problemi".

Questi due fatti, quello emerso nelle assemblee e quest’altro legato ai part time di 36 ore, ci invitano a fare chiarezza sul ruolo, sulle competenze e sulla linea seguita dal sindacato su questa vicenda.

– Innanzitutto va chiarito che è la legge a consentire l’assunzione di contratti a termine in presenza di determinate circostanze, quali la sostituzione di lavoratori in aspettativa, i picchi di lavoro, l’acquisizione di commesse straordinarie. In situazioni del genere la legge consente in alternativa l’assunzione di personale con contratto interinale. Il contratto dei metalmeccanici limita, anche in presenza di queste motivazioni, il ricorso ai contratti a termine o a quelli di lavoro temporaneo oltre una certa percentuale (8% degli occupati per i primi, 10% per i secondi). I sindacati provinciali e le Rsu possono concedere alle direzioni aziendali il diritto di superare quei limiti in circostanze eccezionali. Bticino in questi ultimi anni ha più volte richiesto al sindacato questa concessione per lo stabilimento di Bodio, ma il sindacato l’ha sempre rifiutata.

– Il sindacato in Bticino, e la Fim in particolare, hanno più volte denunciato nelle assemblee, nei comunicati ed anche negli incontri sindacali la politica aziendale sui contratti a termine. Secondo la Fim infatti la Bticino ha ampiamente aggirato i vincoli posti dalla legge. In un certo numero di casi i contratti a termine sono stati utilizzati come surrogato dei rapporti a tempo indeterminato. In pratica siamo in presenza di gruppi di lavoratori e lavoratrici che lavorano ormai da anni in azienda con contratti di 6 o 4 mesi, con interruzione di norma durante le chiusure aziendali (estiva o invernale) e sempre sulle stesse mansioni. Questa politica aziendale si è resa possibile sostanzialmente per due motivi. Il primo è legato alla difficoltà che in Bticino il sindacato ha incontrato finora ad organizzare la lotta dei lavoratori contro queste discriminazioni. Il secondoriguarda l’impossibilità per il sindacato di denunciare l’azienda agli organi competenti. Questa possibilità infatti è riconosciuta dalla legge solo ai lavoratori interessati. Il sindacato può sostenere, patrocinare, farsi carico delle spese legali … ma non si può sostituire al lavoratore. In questi ultimi tre anni, nonostante ripetuti inviti nessuno si è voluto fare avanti. L’argomento con cui nella maggioranza dei casi ci si tira è che se la Bticino opera così, vuol dire che lo può fare e che quindi affrontare una causa significa solo perdere la possibilità di essere chiamati per un altro contratto. E’ una posizione comprensibile, ma è altrettanto vero che con la rassegnazione non si ottiene nessun risultato.

Se negli anni passati questo fosse sempre stato lo spirito dei lavoratori, oggi il sindacato saprebbe tutelare ancor meno e sarebbero senz’altro più bassi i diritti anche per tutti gli altri lavoratori, quelli che ingiustamente vengono considerati i "privilegiati".

– Il sindacato comunque non si è mai rassegnato a lasciar perdere e non intende desistere. Constatata l’impossibilità di risolvere il problema con un rapporto di forza che non c’è o con una strada legale, che si è dimostrata impraticabile per i motivi illustrati sopra, si è voluto porre il problema all’interno della piattaforma aziendale, per poterlo affrontare in termini contrattuali. Nell’ultima trattativa è uscito chiaro che tramite questa strada si possono raggiungere risultati concreti solo con uno scambio: conferma dei contratti a termine da una parte, concessioni di flessibilità all’azienda dall’altra. Questa strada è già stata percorsa nello stabilimento Bticino di Napoli, dove ha suscitato forti contrarietà, lotte, polemiche, ma alla fine ha portato ad un accordo. Nella nostra provincia una strada analoga è stata seguita alla Whirlpool, dove le cose sono state più facili, anche per la maggior duttilità e disponibilità dell’azienda. Dopo l’accordo sul premio di risultato, le condizioni per una trattativa su questo problema si sono create anche negli stabilimenti Bticino della provincia di Varese. Si tratta a questo punto di aprire un negoziato, dentro al quale cercare il consenso di tutti i lavoratori, senza senza di cui un accordo non sarà possibile. Sta comunque all’azienda fare il primo passo.

– Detto tutto questo è però opportuno che anche i lavoratori a termine facciano la loro riflessione. Aspettarsi tutto dal sindacato standosene alla finestra; lamentarsi nelle assemblee senza però dare la propria disponibilità a costruire insieme, dentro e fuori la fabbrica, iniziative di denuncia della propria situazione, senza concorrere a ricercare insieme le condizioni per momenti di lotta e di mobilitazione; tenersi fuori dal sindacato vedendolo solo come uno strumento degli "altri" lavoratori, di quelli "privilegiati"; pensare in sostanza di poter risolvere i propri problemi senza assumersi la responsabilità delle scelte conseguenti anche in prima persona, renderà tutto più difficile e quindi più lontano nel tempo.

Il sindacato c’è e vuol rappresentare tutti, ciascuno può ottenere il suo spazio, ma se lo deve anche cercare.

Sergio Moia
Segretario Fim Varese Laghi

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Pubblicato il 08 Marzo 2001
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