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Un cantiere con trecento persone. Quasi duecento miliardi di investimento. Un movimento di cento camion al giorno. Trentasei mesi per consegnare a Varese un piccolo gioiello. Questi alcuni dei numeri dei lavori per realizzare il nuovo ospedale di Circolo. Un appalto che ha fatto lavorare non poco la commissione che ha esaminato le due proposte. Alla fine l’ha spuntata la cordata guidata dalla CMB, la cooperativa muratori e braccianti di Carpi. Un’azienda prestigiosa con quasi un secolo di storia, oltre seicento lavoratori e un volume di affari di cinquecento miliardi. Un’azienda che di questi lavori se ne intende. Basti pensare che oltre a numerosi ospedali (Valdarno, Versilia, Fidenza e altri), ha lavorato al sopralzo dell’ospedale milanese "Gaetano Pini". Un’opera che ha richiesto una serie di accorgimenti particolari perché realizzata con la struttura sanitaria operante. L’ingegner Giulio Ferrario sarà uno dei responsabili del cantiere varesino. La CMB, oltre a realizzare direttamente alcune opere, ha la responsabilità della direzione dei lavori. Con lei lavoreranno la varesina CIC, che avrà un ruolo guida nel cantiere, la cooperativa Ceflea di Imola, individuata allo scopo dal consorzio CCC, specializzata in impiantistica e, da ultimo, la Cofotec a cui sarà affidata la gestione dell’ospedale per i prossimi cinque anni. Quest’ultima, come si può ben intuire, sarà la garante della bontà dei lavori effettuato, perché altrimenti i costi eventuali ricadrebbero su di lei negli anni successivi. Come mai la CMB ha concorso a questo appalto? «La nostra è una cooperativa immobiliare. Ci sono tre diverse direzioni. Quella storica è a Carpi, le altre sono a Roma e Milano. La nostra attività è prevalentemente locale, ma la forza della cooperativa è poi quella di mettere insieme le competenze, le sinergie e quindi concorrere ad appalti più grandi e prestigiosi. Ovviamente, con una certa logica, ci spostiamo dove c’è lavoro».
Cosa rappresenta per la cooperativa l’aggiudicazione dell’ospedale a Varese? «Una cosa importante, prestigiosa. È uno dei lavori più grandi. La nostra quota è solo del 50%, ma resta pur sempre significativa.».
Quanti lavoratori verranno impiegati? «Dipende dalle fasi di lavorazione. Nei momenti di punta ci saranno oltre trecento persone. Abbiamo già iniziato a predisporre tutti gli aspetti logistici anche perché ci sono lavoratori che si sposteranno a vivere a Varese».
Che difficoltà ci saranno nei lavori? «Noi interveniamo con un ospedale funzionante e in una zona della città con forte traffico. Sappiamo bene che occorre prestare la massima attenzione a questi due aspetti. Per ciò che riguarda il primo, abbiamo una certa esperienza. Al Pini a Milano abbiamo lavorato sulla zona esterna e sopra l’ospedale mentre all’interno c’erano dei degenti. Lì oltretutto esisteva un reale problema anche strutturale e quindi siamo intervenuti con materiali ad hoc. A Varese questo non sarà necessario, ma i lavori dovranno procedere molto velocemente e sappiamo che dobbiamo curare con attenzione il problema del rumore e della polvere. Queste esigenze e quelle di non creare troppo traffico di automezzi non si conciliano molto, perciò all’inizio scaveremo solo di giorno portando via il materiale subito, poi appena saremo bene in profondità inizieremo a lavorare di notte per non intasare la città».
Una questione delicata… «Certo. Sarà necessario avere un po’ di pazienza perché l’ospedale non è collocato in una zona deserta o periferica. Contiamo molto sulla collaborazione degli enti preposti per predisporre accorgimenti sulla viabilità che consentano di poter lavorare bene senza recare troppo danno alla città»
La vostra "cordata" si è aggiudicata l’appalto con 16 miliardi di ribasso. Un bel risparmio per l’ospedale, ma questo non pregiudicherà i lavori? «Assolutamente no! Tenete presente che questo appalto non era al massimo ribasso. Il prezzo proposto incideva per il 60% poi c’erano altri due aspetti importanti, il progetto e la capacità organizzativa in ogni aspetto dei lavori. Abbiamo quindi studiato bene il bando e fatti i conti e scelto i migliori partner sul mercato abbiamo fissato un prezzo che ci mettesse in condizioni di lavorare bene e di avere anche un discreto margine di guadagno».
Quanto dureranno i lavori? «Trentasei mesi dalla firma del contratto. Un tempo molto stretto, ma dovremmo farcela. Sono ovviamente previste delle penali in caso di ritardo».
Quando si inizia a lavorare? «Aspettiamo l’aggiudicazione e quindi la firma del contratto, ma non dovrebbe mancare molto. Probabilmente in gennaio si inizierà. Intanto stiamo già predisponendo tutti gli aspetti logistici per il cantiere. A questo pensa la vostra CIC. Verranno aperti uffici nell’area subito esterna all’ospedale».
Termina qui questo primo incontro con chi metterà mano a uno dei più grandi e importanti cantieri della storia di Varese. Ci sarà occasione, da qui alla primavera del 2005, per riaffrontare lo stato dei lavori. La storia di Varese ha degli aspetti particolari. Dalla fine dell’ottocento si è diffuso in modo capillare lo spirito cooperativistico, basti pensare a tutti i circoli che esistono nelle varie castellanze e nei paesini della provincia. Uno spirito che, pur senza mai spegnersi, ha smesso di soffiare in modo significativo nel tessuto sociale ed economico di questo territorio. Ora, invece, sarà proprio una cooperativa a lasciare un segno indelebile dell’azione umana a vantaggio di tutta la comunità.
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