Approvata la legge sulle istituzioni pubbliche di assistenza
La commissione sanità ha approvato il documento; oltre 750 istituzioni presenti sul territorio potranno così decidere se trasformarsi in enti di diritto privato senza scopo di lucro
Le oltre 750 Istituzioni pubbliche di assistenza e di beneficenza (IPAB) operanti sul territorio lombardo entro il 30 settembre 2003 potranno decidere se trasformarsi in enti di diritto privato, senza scopo di lucro (Fondazioni o Associazioni) oppure rimanere nell’ambito del diritto pubblico diventando Aziende di Servizio alla Persona (ASP).
E’ il nuovo scenario che si apre dopo l’approvazione a maggioranza da parte della Commissione “Sanità e assistenza”, presieduta da Massimo Buscemi (FI), della nuova legge sul “Riordino della disciplina delle istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza operanti in Lombardia”.
“I mondi del non-profit, del volontariato e della solidarietà nella sua accezione più grande – è il primo commento del presidente della Commissione Sanità, Massimo Buscemi – si troveranno così nelle condizioni di operare al meglio delle loro potenzialità”.
La proposta di legge, che deve passare ora all’esame dal Consiglio regionale, è strutturata in due parti. La prima relativa alla trasformazione delle attuali IPAB, che potranno decidere se diventare “persone giuridiche private senza scopo di lucro” (Fondazioni o Associazioni) oppure Aziende di Servizi alla Persona (ASP) “con natura giuridica pubblica”. La seconda dedicata esclusivamente alla disciplina organizzativa e di funzionamento delle ASP.
Se l’IPAB sceglierà di diventare ente di diritto privato, la Regione avrà il compito di verificare che il passaggio avvenga nel rispetto delle norme e che l’ente continui a svolgere attività di pubblica utilità in conformità al suo statuto.
Se l’IPAB si trasformerà in Azienda di Servizi alla Persona il controllo effettivo, gestionale e politico sarà affidato al suo consiglio di amministrazione, nel quale i rappresentanti della Regione saranno in minoranza rispetto a quelli dei Comuni e dei soci fondatori. Nelle ASP di prima classe (quelle più grandi, con più personale e patrimonio) tra i sette componenti del consiglio di amministrazione la Regione ne nominerà due (tra cui il presidente); in quelle più piccole, su cinque consiglieri di amministrazione la Regione nominerà solo il presidente.
Attualmente le IPAB che operano nel campo educativo sono 187, quelle che operano nel campo dell’assistenza sono 570 (114 scuole materne, 221 Residenze sanitarie assistenziali, 176 strutture che svolgono opera socio-assistenziale, 59 con attività di beneficenza).
Entro la data del 30 settembre 2003 dovranno concludersi anche le procedure di estinzione di quelle IPAB che risultano non operative da almeno due anni. In questi casi il loro patrimonio non verrà automaticamente devoluto ai Comuni (come avviene ora) ma ad altri enti senza scopo di lucro che svolgono un’attività simile nello stesso territorio. Solo in assenza di ciò il patrimonio andrà alle amministrazioni comunali ma con il vincolo di destinarlo ai servizi sociali, socio-sanitari o educativi.
La normativa approvata dalla Commissione tende inoltre a favori la fusione tra IPAB per una migliore organizzazione e razionalizzazione dei servizi da erogare.
I controlli sulle Aziende di Servizi alle Persone verranno esercitati dai Comuni sul cui territorio le ASP avranno sede legale.
“La disciplina delle IPAB –- dice il presidente della Commissione Sanità – ha origine dalla Legge Crispi del 1890, promulgata allora con lo scopo di provvedere al riordino delle Opere Pie operanti sul territorio del Regno italiano da poco istituito. Una legge che nulla concedeva alla programmazione dei servizi da erogare e neppure prescriveva requisiti strutturali o gestionali a cui uniformarsi per l’offerta dei servizi. Negli scorsi anni Novanta – aggiunge Buscemi – il legislatore nazionale ha rivisto il sistema di assistenza sociale nel suo complesso emanando una legge quadro finalizzata alla razionalizzazione di un sistema integrato di servizi sociali. Senza una profonda revisione normativa in grado di accogliere i profondi mutamenti intervenuti nel tessuto sociale e nell’ordinamento giuridico vigente – precisa il presidente della Commissione Sanità – non potevano però essere recepiti dalle istituzioni assistenziali pubbliche principi quali la sussidiarietà, il volontariato, la partecipazione diffusa dei cittadini. Con la riforma del Titolo V della Costituzione la Regione può ora provvedere autonomamente a ridisegnare le loro funzioni e la loro struttura. Quanto abbiamo approvato oggi in Commissione – conclude Buscemi – è un passo importante per realizzare un intervento integrato nell’ambito dei servizi sociali della nostra Regione”.
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