Chi governa l’acqua? I sindacati chiedono più chiarezza

Troppo fretta nella riorganizzazione dei servizi pubblici impedisce il controllo dei cittadini. Se ne è discusso in un convegno

La guerra dell’acqua non è ancora cominciata, e le organizzazioni sindacali vorrebbero che si arrivasse subito alla trattativa, senza spargimenti di sangue. A una condizione. Che i piani industriali delle nuove società pubbliche fossero più trasparenti e più controllabili da parte dei veri proprietari: i cittadini. 
Cgil-Cisl-Uil vorrebbero mettere in chiaro innanzitutto due punti: i cittadini si tutelano, i lavoratori non si licenziano. Per questo, sia nel caso di Reteacqua (proprietà degli acquedotti) che di Prealpi servizi (gestione di acquedotti, gas e rifiuti), le prime due nate, sono attivi protocolli d’intesa con i sindacati. «Ma i vertici politici di queste società ci tengono spesso all’oscuro delle ultime decisioni» sottolinea Sandra Fragassi della Cisl. Per Ivana Brunato, segretario provinciale della Cgil, i comuni sono finora stati troppo assenti dalle trasformazioni dei servizi pubblici. Il rischio è dunque quello di un deficit di democrazia. La negoziazione è un tavolo tripartito con sindacati, aziende e comuni, ma sono questi ultimi che dovrebbe fare sentire la loro voce, perché è in ultima analisi quella dei cittadini e del diritto di tutti a fruire di servizi giusti ed efficienti.
Ci sono queste condizioni? Non troppo. «Oggi la gestione di Reteacque è stata condotta solo dai tre comuni maggiori – dice Marco Molteni segretario provinciale della Uil – ma poco si sa delle strategie e dei piani industriali». Ivana Brunato sottolinea anche una certa latitanza di comuni nelle trattative e nei protocolli d’intesa. I vertici delle nuove aziende pubbliche dei servizi, insomma, stanno acquisendo troppo potere. In una materia che ha tutta l’aria di un guazzabuglio di scatole cinesi. Quanti cittadini infatti hanno capito cosa sta accadendo? Quasi nessuno. Sul lato occupazionale, infine, interessante la testimonianza di Moreno Periccioli, presidente dell’Ato (ambito territoriale omogeneo) di Siena e Grosseto. La transizione per arrivare a un unico ente degli acquedotti ha in pratica dimezzato i dipendenti. Tutti a spasso? No, sono stati riassorbiti dai comuni. 

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 11 Dicembre 2002
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