Trent’anni: professione proiezionista

Nell'era del digitale, Busto con il festival che inaugura a giorni punta sul cinema. Ma ci sono ancora giovani analogici?

Otto scalini strettissimi per sei volte. Tante quanto sono le rampe della scala. Un percorso nascosto, segreto e poi un porta piccolissima, in ferro color turchese, rifatta di fresco. Si apre ed eccola la cabina di proiezione del cinema. Due macchine: una ha cinquanta anni su cui gira il primo tempo e l’altra per il secondo tempo trenta, quanti ne ha Enzo Galli il proiezionista del cinema Manzoni di Busto Arsizio. Sì, i giovani analogici esistono ancora. Il lavoro di operatore lo fa da dieci anni ed è sicuramente il più giovane a Busto Arsizio, se si fa eccezione per un suo allievo di ventisei anni.
“Nuovo cinema Paradiso” non è solo un film. Un po’ è anche la sua storia. «La passione per il cinema e per la pellicola l’ho avuta sin da piccolo, in questo cinema si può dire che ci sono nato – racconta – a casa avevamo il proiettore per gli otto millimetri ma i 35 erano un sogno, così ho cominciato ad appassionarmi». Un diploma del liceo in tasca, appassionato di fotografia, l’unica concessione al digitale è una macchina fotografica, poi il nastro di celluloide rimane il suo cult, sia che passi nel rullino di una reflex, sia che che giri su un proiettore Prevost.

E del cinema è proprio questa cabina che lo ha sempre affascinato. Il fascio di luce che trasforma un fotogramma nell’immagine in movimento sul grande schermo. Il rumore dei proiettori e la luce blu allo xeno. La Bellucci è la sua attrice preferita, ” Arancia Meccanica” il film più bello in assoluto, De Niro e Cronenberg sono in cima alle sue hit. Da quella cabina in dieci anni ha proiettato centinaia e centinaia di film. Non li ha visti tutti, ma di certo ne ha montato le bobine, ha incorsato le pellicole.

Incorsare è il termine tecnico per un’operazione che in molti cinema si fa ancora manualmente e consiste nel mettere la pellicola sul rullo e toglierla per riportarla nelle bobine quando si arriva al The end.
«A Busto solo un cinema ha un sistema automatico che si comanda dalla cassa, ma nelle altre sale della città la maggior parte delle operazione si fanno manualmente». Se si pensa ai multisala dove la figura del proiezionista classico è un desaparecidos, il futuro un po’ di preoccupazioni per questo mestiere le mette. «Il mio maestro si chiama Lorenzo, quando mi ha insegnato questo lavoro aveva ventotto anni e oggi mi pare che lavori a Malpensa». Insomma i tempi cambiano.

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 03 Aprile 2003
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