Rifiutati dal circuito della formazione a causa della “Moratti”
In attesa che la rivoluzione della scuola entri a regime, nei Centri di formazione si punta sulla sperimentazione, a discapito dei corsi tradizionali
Manca poco più di un mese alla riapertura delle scuole. In alcuni istituti c’è già fibrillazione: parliamo dei Centri di formazione professionale che dal prossimo anno diventeranno, Finanziaria permettendo, il secondo canale ufficiale come vuole la Riforma Moratti.Nell’estate 2004, però, questi centri, lungi dal prepararsi ad affrontare il salto di qualità, sono concentrati sul bando emesso dalla Regione pochi giorni fa, esattamente il 20 luglio scorso, e che ha dato tempo fino alla fine di luglio per presentare i progetti per i corsi biennali, cioè l’offerta formativa tradizionale che dal prossimo anno dovrebbe sparire.
Nei CFP si vivono momenti di tensione: la gran pubblicità fatta nei mesi scorsi sulla "sperimentazione Moratti" ha indotto i ragazzi a tentare la carta formazione sin dai 14 anni, saltando l’obbligo dell’anno integrativo nella scuola. Ma per molti di loro non ci sarà posto.
La scarsità dei finanziamenti, che alcuni operatori attribuiscono ad una colpevole gestione effettuata negli anni precedenti e all’apertura indiscriminata dei soggetti accreditati che è passata dagli storici 100 enti a 2800 centri, ha imposto un approccio soft. Nella nostra provincia, a rimediare ad una situazione che, nel gennaio scorso, appariva disastrosa ci ha pensato l’assessore Andrea Pellicini che, con un’azione concertata con altre province, ha fatto pressing sul Ministero e sulla Regione riuscendo a strappare ben 18 corsi triennali: «Alle pre iscrizioni – spiega Renzo Vanetti, direttore dell’Agenzia Formativa della Provincia di Varese – avevamo 600 domande ma potevamo avviare solo 4 corsi (La Regione ne concedeva uno per ogni sede). Fortunatamente le cose sono state riviste e siamo riusciti ad ottenerne 7». Sette per venticinque, comunque, fa 175, gli altri ragazzi, quindi, dovranno ritornare al sistema scolastico tradizionale e tentare l’anno prossimo la via dei corsi biennali. «Per i corsi biennali la situazione è anche più difficile – spiega Vanetti – già da quest’anno temiamo una drastica riduzione dei fondi. Siamo nella situazione che oggi, 4 agosto, non abbiamo ancora dato risposta agli studenti che si sono iscritti. Non sappiamo quanti ne potremmo accontentare. Rifiutare un ragazzo, sapendo che spesso siamo la sua ultima spiaggia, è penoso. A loro, il diritto allo studio non è garantito».
Problemi contingenti che offuscano l’opera impegnativa che sta compiendo il personale, investito dell’obbligo di rivedere la propria impostazione metodologica: «Noi dobbiamo investire sul metodo. I nostri ragazzi hanno un tasso di disagio che sfiora l’80%. Già dallo scorso anno abbiamo percorso vie alternative che mirano a recuperare una progettualità diversa ma qualificata. Insegnare la professione, trattando le discipline in modo complementare. Un discorso che impegna tantissimo il personale ma che quest’anno ha dato risultati incoraggianti».
In futuro il canale professionale potrà dare risultati lusinghieri diventando realmente un’opportunità seria per tanti ragazzi che non vogliono studiare per 10 anni, ma anche per le aziende che stanno vedendo assottigliare la classe di periti tecnici, l’ossatura del sistema economico dell’Italia.
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