Marco Magnifico:«Ripartiamo con scelte più sofisticate»

Il direttore generale del Fai spiega il nuovo corso di Villa Panza

«Il Fai non ha mai fatto cose che non fossero importanti, ma, certo, questa mostra di Dan Flavin lo è ancora di più».
Marco Magnifico (foto), direttore generale del Fai, difende con il consueto impeto la missione del Fondo da lui coordinato.
Ma è lui il primo ad essere consapevole che la mostra “Dan Flavin. Stanze di luce fra Varese e New York”, realizzata in collaborazione con il Solomon R. Guggenheim Museum di New York (Villa Panza, fino al 12 dicembre) è una tappa importante della gestione Fai per Biumo.
«Ha una valenza ulteriore, una specificità contemporanea che finora era mancata».
La “svolta” era in qualche modo necessaria: dopo il battesimo con il presidente Ciampi, le folle per la mostra di Segantini, l’affluenza del pubblico agli eventi successivi non ha confermato il trend; flessione nel 2002, in ripresa nel 2003, ma non più a quei livelli.
Ma qualcosa non tornava: «Gli anni scorsi – spiega Magnifico – abbiamo forse fatto l’errore di correre incontro al pubblico e ai suoi gusti con scelte espositive più facili. Ora vogliamo tornare a sollevare temi più sofisticati».
All’inizio dell’anno il conte e il Fai hanno chiesto ad Angela Vettese la stesura di un programma di attività espositive capaci di ridare corpo e identità precisa al luogo. Del progetto della Vettese, una tra le principali voci critiche del contemporaneo a livello internazionale, non si conoscono ancora i dettagli. Per certo si sa che si focalizzerà sulla ragione stessa del collezionismo di Panza. Dopo Flavin, la grande esposizione che potrebbe aprire le danze del 2005 sarà concentrata sui capolavori dell’arte americana degli cinquanta e sessanta acquistati dal Conte e poi ceduti a New York e Los Angeles.

«Vogliamo che Villa Panza torni ad essere protagonista nella conoscenza dell’arte americana degli ultimi decenni – rimarca il direttore – vogliamo alzare il tono, fare operazioni culturalmente più sofisticate, convinti tuttavia di recuperare il pubblico, non solo quello che da fuori viene normalmente a vederci ma anche quello locale. Un pubblico ampio e se vogliamo anche più preparato».

La scommessa è forte, così come il pregiudizio che ancora accompagna l’arte contemporanea. Flavin può essere l’artista giusto: «L’arte di Flavin è emotivamente fortissima, nessuno credo possa rimanere insensibile alle sue opere. Perché impatta sulla sensibilità, sulle nostre percezioni sensoriali anche quando sfugge l’immediato significato».
Parlando a Ville Ponti, proprio nei giorni scorsi Magnifico ha elogiato il colle di Biumo come mirabile equilibrio tra natura e civiltà. La villa in sé ne è un mirabile esempio.
La sfida, di nuovo, è tutta racchiusa nell’aggiornata traduzione di questa armonia.

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 29 Settembre 2004
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