Il “bon ton” di Fassino
“L’Italia è un grande paese, ma chi lo governa è piccolo”. Questo è l’unico attacco diretto e personale, anche senza citarlo, che Fassino ha portato al premier Berlusconi. Un cambiamento di stile e anche di linguaggio per il segretario dei Ds. Nessuna propaganda e ragionamenti pacati, chiari. L’Italia arretra in ogni campo e quando non lo fa lo deve più ai governi locali del centrosinistra che non agli interventi del Governo. Fassino ha chiuso il suo intervento a Varese mettendo al centro un problema che era tanto caro a Berlusconi e ai suoi boys: la libertà e il futuro. Fassino ha fatto un’analisi spietata della nostra società quando ha affermato che oggi il problema centrale è l’assenza di speranza nel futuro. “Mio padre aveva la speranza di una vita migliore di quella di mio nonno e io di quella di mio padre. Non è così per i nostri figli”. Troppa paura, troppa precarietà.
Un’opposizione allora che si candida a governare e che vorrebbe avere le carte in regola anche nei modi di porre le cose. E allora il cambiamento di rotta nel trattare di Berlusconi è chiaro.
La necessità di recuperare tutti i voti possibili fa sì che i toni debbano essere pacati e rassicuranti.
Tutto bene quindi per chi si riconosce fuori dagli schieramenti attuali di governo?
In superficie si, ma ci sono questioni che lasciano qualche dubbio. Prima tra tutti la classe dirigente. Fassino ha le carte in regola. Con lui tanti leader, ma perché poi si lasciano imbarcarcare personaggi del calibro di La Ganga, Cirino Pomicino? Non è una domanda oziosa. Perché questa ha un bel contrappeso in un’altra domanda che ci riguarda più da vicino. Perché non avvalersi con limpidità alle regionali di aprile di un’intelligenza fine e straordinaria come quella di Mario Agostinelli?
Seconda questione tutt’altro che secondaria è quella che riguarda alcuni mondi. I problemi del lavoro sono scomparsi dai dibattiti politici. Il centrosinistra, ha la responsabilità di aver accettato per primo, quando era al Governo, di introdurre un modello di flessibilità che oggi, oltre a creare l’instabilità e l’insicurezza sociale che tutti conosciamo, non serve a nessuno. Con coraggio si possono creare le condizioni di una svolta. Le capacità e le idee non mancano di sicuro, ma bisogna parlarne.
Ultimo punto, il più discusso di queste ore: le tasse.
Dispiace che il nuovo corso di attenzione a Berlusconi faccia dimenticare una cosa invece centrale. Fassino rispetto alla riduzione delle tasse ha parlato di un euro a testa se tutto va bene. La verità è un’altra e va urlata altro che sussurrata. Milioni di cittadini non vedranno nemmeno quell’euro, mentre diverse centinaia di migliaia avranno una riduzione di imposte per milioni di vecchie lire. Qualcuno sta provando a mettere al fianco delle famose tabelle di ipotesi di riduzione, anche quante persone saranno coinvolte nelle singole fasce di reddito. Questo è fare informazione seria.
Va bene non fare dell’antiberlusconismo la propria bandiera, va bene guardare avanti ed essere positivi. Ma mentre l’opposizione prova a fare questa parte gli altri nei tg nazionali invece di fare cifre raccontano le favole con le differenze in termini percentuali. Perciò per chi avrà un risparmio di 66 euro all’anno, questo rappresenta invece la riduzione del 73%. Un modo elegante per gettare fumo negli occhi dei cittadini.
Chi vuole esser diverso ha allora il dovere di smascherare questi giochetti. E lo dice con chiarezza Luigi Spaventa che non ha inclinazioni alla politica di chi urla più forte.
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