Pedretti in bianco e nero
Alla Galleria Ghiggini una mostra di Antonio Pedretti omaggio ad Achille Ghiggini
Dopo la eccezionale performance del 28 ottobre scorso al Golf Club di Luvinate, culminata con l’osanna dei rotariani varesini, ecco che Antonio Pedretti ritorna in Galleria Ghiggini dal 12 novembre dopo sei anni di latitanza; l’ultima sua esposizione avvenne appunto nel 1998, in coppia con Carlo Meazza presso la galleria di via Albuzzi, con la mostra "Vivere il lago". Ma questa volta non si ha il Pedretti colorista, ma il Pedretti in bianco e nero. Cioè una mostra di disegni. Che ci fa tornare molto indietro negli anni, anzi, nei decenni, quando Antonia Massarotto così scriveva sul "Corriere Lombardo" del 1° febbraio 1965: "Antonio Pedretti di Bardello, un ragazzo di quindici anni che frequenta la terza media a Gavirate, orfano di padre, è una vera scoperta. Egli non ricorda il giorno in cui, per la prima volta, prese in mano una matita per disegnare. Sa di avere sempre disegnato, ovunque, anche prendendosi scapaccioni dai genitori perché finiva sempre per imbrattare tutto, muri compresi".
E ha, la mostra attuale, proprio il sapore del ricordo e dell’omaggio.
Il ricordo.Perché, dopo alcune presenze nella seconda metà degli anni Sessanta, in Varese, presso le sale dell’ex collegio Torquato Tasso e presso la galleria "Cà Vegia", Pedretti iniziò il suo rapporto con la Galleria Ghiggini nel 1970; Gian Franco Maffina ne scrisse la presentazione. Un rapporto che durò quasi trent’anni con mostre e presenze presso la stessa galleria e in diverse città italiane e straniere, in sale pubbliche e private, come pure negli stand delle fiere d’arte. Per la storia: venticinque partecipazioni.
L’omaggio.Perché chi credette subito in Pedretti fu Achille Ghiggini. Ed è nel suo ricordo, a due anni dalla morte, che l’attuale mostra viene allestita. Per il nostro Antonio fu, l’Achille Ghiggini, amico paterno, mercante, consigliere e critico: un’àncora, insomma, ove poter sempre ormeggiare.
Tutto sopra detto è la premessa per questa esposizione che riporta a Varese un artista reduce da successi internazionali. E non è il disegno un "atto" minoritario rispetto alla pittura, anzi, ne è l’atto determinante, è il carpire l’attimo fuggente e bloccarlo sulla carta. E’ il massimo nella "gestualità" operativa del nostro artista. Con una grande differenza con la sua pittura: qui, nel disegno, non c’è l’azzurro del cielo e dell’acqua, la rigogliosa, prospera e abbondante sua vegetazione; qui trionfa il nero, spesso un nero cupo, che si fa pianta, lago, riva, bosco, cielo e nuvola, con linee decise, stagliate, intrecciate da spazi bianchi che danno squarci di luce, che scoprono, che evidenziano una vita che esiste, che ci circonda e con la quale dobbiamo ogni giorno cimentarci e convivere. Scriveva Marco Goldin nel 1998: "Pedretti disegna come un naufrago; colui che salva dalla tempesta l’ultimo segno della vita …". E proprio qui sta il problema: riuscire sempre ad affrontare ogni tipo di tregenda e decidere di vivere. Come atto di volontà e di amore.
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