Varese Grande elettore del nuovo presidente di Confartigianato
E' stato con la regia di Giorgio Merletti che si è imposto il neopresidente Giorgio Guerrini
Elezioni chiuse a Confartigianato Roma. Il neo-Presidente è Giorgio Guerrini (Nella foto a fianco), proposto dal “Gruppo per il cambiamento” condotto dalla Confartigianato Lombardia – che rappresenta il 25% delle quote tessera del sistema associativo – e sarà affiancato per quattro anni, dal 2004 al 2008, dai vicepresidenti Gianmaria Rizzi (Brescia), Tullio Uez (Trento) e Francesco scherza (Bari).
Un’elezione che ha messo d’accordo le parti grazie al pieno coinvolgimento – una vera e propria coalizione – delle associazioni territoriali lombarde. Per arrivare a questo risultato, un ruolo di primo piano è stato giocato da Giorgio Merletti (nella foto sotto), presidente dell’Associazione Artigiani della Provincia di Varese, che in questi ultimi mesi ha svolto con efficcacia il compito di coordinatore.
Confartigianato Lombardia, della quale lei è presidente, ha ricoperto un ruolo di primo piano nell’elezione del nuovo vertice di Confartigianato a Roma. Si tratta di una conferma do di una svolta?
«Di una svolta: dopo vent’anni il referente a Confartigianato nazionale non è più il Veneto ma la Lombardia. Potrei affermare, addirittura, che la Lombardia guida l’Italia perché da questa regione è partita la vera voglia di cambiamento. E ciò che la Lombardia ha proposto è stato accettato».
Quindi non si trattava di un semplice rinnovo di cariche?
«Non si è trattato di una sostituzione, ma di un vero cambio. Si è trattato di un’importante azione di rinnovamento e di un momento di riflessione e confronto, che ha coinvolto Confartigianato dal suo interno. Ma ciò che più ha premiato il lavoro di tutti è stato il coinvolgimento delle strutture territoriali – in grande misura quelle lombarde – e l’aver saputo percepire la necessità di una profonda svolta culturale, politica e organizzativa».
Una svolta radicale?
«Certo. Una svolta che dovrà portare Confartigianato a giocare nuovamente un ruolo sostanziale di attore sociale dotato di iniziativa politica, propositivo e determinato nelle azioni di tutela e rappresentanza delle nostre imprese. Non dimentichiamo che Confartigianato è un vero serbatoio di conoscenze: raccoglie 521mila imprese appartenenti a 870 settori di attività, con 20 federazioni regionali, 119 associazioni provinciali, 1215 sportelli territoriali, 14mila collaboratori».
Quali saranno i compiti che dovrà assolvere la nuova squadra nel prossimo quadriennio?
«Primo fra tutti sarà quello di accrescere il ruolo di Confartigianato come rappresentante degli interessi delle microimprese; secondo, quello di assumere un peso maggiore nelle vicende e nelle decisioni politiche italiane per essere in grado di ottenere risultati concreti a favore delle nostre imprese. Poi sarà necessario valorizzare il mondo delle microimprese, fornire loro i servizi più adatti per competere e vincere, dare forza alla voglia di intraprendere. Puntare alla soddisfazione del cliente. Perché oggi le sfide non sono solo quelle imposte dal mercato ma anche dalla società e dalle istituzioni».
Si è parlato anche di alleanze e federalismo…
«Sì alle alleanze, ma solo se servono e se possono essere utilizzate per definire e mantenere il proprio ruolo: quello di Confartigianato e delle altre realtà economiche e politiche territoriali. E’ fondamentale che la struttura si misuri con gli altri attori sociali e con tutti i nuovi possibili concorrenti interessati al nostro stesso mercato, ma non si può dimenticare l’importanza di un “federalismo associativo”».
Cioè?
«Cioè di un federalismo, anche se di questa parola si è fin troppo abusato, che esalti le potenzialità di Confartigianato e che dovrà realizzarsi attraverso il trasferimento di risorse in quelle regioni dove la struttura è più debole. Tutto questo, però, si potrà raggiungere solo attraverso la condivisione dei progetti e con un’estrema chiarezza negli obiettivi e negli strumenti da utilizzare per raggiungere gli scopi prefissati. Un federalismo basato su uno schema non rigido ma flessibile, che rispetti le autonomie e che sia basato sui fatti. Ognuno ha un ruolo, competenze precise e risorse definite: il federalismo becero e amministrativo non ci interessa».
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