In un libro storia e leggende di Montegrino

La pubblicazione verrà presentata dal professor Giuseppe Armocida

 

Un appuntamento di sicuro interesse si profila nel panorama natalizio sabato 18 dicembre 2004 alle ore 16.30 nella cornice valliva di Montegrino Valtravaglia. Nel Teatro Sociale Giuseppe Armocida, presidente della Società Storica Varesina e docente dell’Università dell’Insubria presenterà l’ultimo lavoro a cui in ordine di tempo ha posto mano Enrico Fuselli (montegrinese d’origine, insegnante di lettere e socio fondatore del Magazzeno Storico Verbanese) con l’aiuto di Carlo Alessandro Pisoni (conservatore dell’Archivio Borromeo dell’Isola Bella, segretario dello stesso Magazzeno Storico Verbanese, e coordinatore della “Compagnia de’ Bindoni ne l’isola del lago Mazore”, piccola e raffinata casa editrice che da qualche mese si sta muovendo con sicurezza e determinazione nel campo dell’editoria verbanese).

Il libro è una promessa mantenuta nei confronti di Montegrino e dell’intero Verbano, lombardo, piemontese e svizzero: «Leggende, usi, e tradizioni di Montegrino con Bosco Valtravaglia e delle sponde del Lago Maggiore»:  in coedizione tra Comune di Montegrino, Proloco di Montegrino e Magazzeno Storico Verbanese (www.verbanensia.org), esso vede la luce grazie al contributo del Comune e della Pro Loco di Montegrino. La ferma volontà di mantenere viva la memoria delle proprie radici del Sindaco Battista Parietti, dell’Assessore Ido Locatelli di tale Comune e del Presidente della sua Pro Loco Giorgio Gioseffi ha permesso di realizzare questa pubblicazione. Ma il volume (112 pagine, 16 pagine di rarissime e splendide immagini d’epoca che sono tratte da una delle più importanti collezioni di foto storiche mantenute sul Verbano) non è un banale quanto dolce riandare al bel tempo che fu. Il lavoro di Fuselli mira piuttosto a costruire, piacevolmente istruendo, un paragone tra le leggende e alle tradizioni in vigore nei piccoli centri di Montegrino, Bosco e frazioni, con quelle, sovente analoghe o addirittura del tutto identiche, che vissero e si svilupparono nell’intero bacino del Lago Maggiore; Fuselli, poi trova analogie e somiglianze con temi (ad esempio gli usi matrimoniali o funebri) andando a stabilire parallelismi con altre zone d’Italia, Francia, Germania, Svizzera. Ovvio che un territorio di riferimento obbligato è il Ticino, alle cui leggende (citando a piè sospinto ad esempio le pagine di Aurelio Garobbio) Fuselli si rifà continuamente.

Il volume non è però solo frutto di un’indagine libresca o “da biblioteca”. Nel libro sono raccolti i ricordi degli anziani della vallata; salvandone i racconti, all’autore è riuscito di dipingere un quadro estremamente reale del fluire delle loro esistenze in valle; in parallelo, Fuselli ha utilizzato una vasta bibliografia di storia locale, dal pieno XV al XX secolo, e riferendosi a testi specialistici sul folklore, le tradizioni, gli usi sacri.

Visto che la presentazione cade sotto Natale, incuriosirà il lettore sapere come vivevano il periodo natalizio i nostri avi. Lasciamolo dire a Fuselli: «Era tradizione, la mattina di Natale, che ogni famiglia bruciasse qualche rametto di ginepro mentre si pregava» in ossequio alla voce popolare secondo la quale San Giuseppe avrebbe riscaldato l’infante grazie a dei rametti di tale pianta.

E la trepidante attesa dei bimbi? «La notte di Natale vigeva la consuetudine di predisporre acqua e fieno per i cammelli dei Re Magi stanchi per un così lungo percorso; al mattino la minor quantità d’acqua presente e il fieno sparso per terra davano ai più piccoli la certezza del passaggio dei Magi (e dell’avvenuta consegna dei regali)».

E a Capodanno? «I bimbi si aspettavano i “turtej” :per suscitare allegria, il cuoco metteva nel sugo una monetina da 20 centesimi; chi l’avesse trovata avrebbe avuto una mancia supplementare garantita da tutti i presenti. Il primo di gennaio era tradizione mangiare l’uva bianca per assicurarsi la benevolenza della sorte».Non solo i bimbi festeggiavano il Natale…«In questo periodo, infatti, il fidanzato il giorno di Santo Stefano recandosi a casa dell’amata battendo con la ‘molla’ sul ceppo nel focolare sprigionava scintille: faceva capire alla famiglia in modo delicato che ambiva la mano della ragazza».

Quale era il rapporto fra tradizione  e religione? «Secondo una vecchia leggenda, la Madonna sarebbe passata con il figliolo dalle nostre parti; avendo accusato improvvisamente tutta la fatica del lungo viaggio, si sarebbe fermata per riposarsi nei pressi di Montegrino. Dove si sedette si formarono due sedili, scavati nella roccia in un ambiente estremamente suggestivo, totalmente immerso nel verde. Lo si chiama il “Setìn de la Madona”; dista un chilometro da un’impronta di un piede, sempre scavato nella roccia, che secondo la leggenda appartiene alla Madre Santa. E d’altra parte, le rocce verbanesi abbondano di segni: la tradizione locale ne attribuisce per esempio alcune a San Carlo Borromeo; allo stesso San Carlo secondo un’altra tradizione di Montegrino sarebbe dovuta la costruzione della parrocchiale di Sant’Ambrogio nel paese della sponda lombarda. Non mancano poi i riferimenti ai pellegrinaggi, momenti essenziali nella vita dei fedeli: ci si recava a piedi al Sacro Monte di Varese al pari di molte altre comunità della zona, ma anche al San Clemente di Sangiano per garantirsi, nei periodi di siccità, la tanto agognata pioggia».

 

Queste e tante altre storie saranno illustrate da Giuseppe Armocida, Enrico Fuselli, Carlo Alessandro Pisoni durante la presentazione del volume «Leggende, usi, costumi e tradizioni di Montegrino con Bosco Valtravaglia e delle sponde del Lago Maggiore», sabato 18 dicembre 2004 alle ore 16.30, al teatro Sociale di Montegrino Valtravaglia; al termine dell’evento sarà offerto un piccolo rinfresco. La serata proseguirà poi nello stesso Teatro alle ore 21.00, con il Gran Concerto natalizio della Nova Schola Cantorum di Montegrino  “Voci della Valtravaglia”, condotta da Ivan Sermini.

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Pubblicato il 01 Dicembre 2004
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