Varese, la ripresa può aspettare
I dati congiunturali Univa non sono ottimisti. Soprattutto per il tessile, per il quale però è pronto un "piano d'attacco"
Sembrano più dovuti alla stagionalità che ad un vero segno di ripresa i deboli risultati positivi dell’indagine congiunturale Univa nel periodo ottobre-dicembre 2004 e ancora deboli sono i segnali per i prossimi mesi e anche l’andamento del mercato del lavoro, valutato dal punto di vista dei dati sulla Cassa Integrazione Ordinaria, conferma con i dati del quarto trimestre una situazione che continua a presentare incertezze.
Sono infatti state 2.163.837 le ore autorizzate: si tratta del dato trimestrale più elevato dal secondo trimestre del 1999. Il 2004 si è così concluso con un’impennata che lo ha portato a superare anche se di poco la soglia dei 7,5 milioni di ore: il picco maggiore registratosi dal 1993, anno in cui si raggiunsero circa 12 milioni di ore autorizzate, ripartite però su un più elevato numero di addetti.
L’ultimo trimestre del 2004 ha visto proseguire il trend al rialzo nei prezzi delle materie prime non combustibili, in particolare metalli, gomma, legno, etc. Il mix tra queste dinamiche e l’effetto del dollaro debole ha contribuito a mantenere sottotono l’andamento produttivo del trimestre: lo squilibrato rapporto euro/dollaro viene infatti segnalato con preoccupazione dalla stragrande maggioranza delle imprese intervistate.
Le aspettative produttive manifestate dalle imprese per il primo trimestre 2005 mostrano un lieve peggioramento rispetto al livello registrato nello scorso trimestre, segnale che rafforza la sensazione che ci sia ancora poca convinzione circa l’inversione di rotta. D’altronde il quadro internazionale sconta ancora una debolezza di fondo dell’attività produttiva in Europa e nel nostro Paese e la crescita, pur elevata, va rallentando anche nelle aree più dinamiche e soprattutto in Asia. Queste tendenze sono confermate da un portafoglio ordini che appare in lieve deterioramento rispetto ai livelli registrati nello scorso trimestre, in particolare sotto il profilo della domanda estera.
Secondo le ultime stime dei dati del commercio estero, nei primi nove mesi 2004 si è confermata una tenuta tendenziale delle esportazioni della provincia di Varese, che si sono attestate a 5.105 milioni di euro, con un tasso di crescita pari al 4,2% (genn-sett. 2004/genn-sett. 2003). Questo dato fotografa un recupero relativo rispetto ai ritmi del primo semestre (+1,9%), anche se rimane inferiore al tasso registrato nei primi nove mesi dello scorso anno (+5,2%). Le esportazioni quindi mantengono una dinamica positiva, ma un poco meno brillante rispetto al passato. Per quanto riguarda le importazioni, i primi nove mesi hanno fatto registrare 3.724 milioni di euro, con un incremento del +2.9% rispetto ai primi nove mesi del 2003, consolidando la tendenza all’aumento dei flussi di import manifestatasi già nel corso del primo semestre. Nel complesso il saldo si è mantenuto positivo per 1.381 milioni di euro ed è migliorato del 7,8% rispetto a quello registrato nello stesso periodo dello scorso anno.
Gli andamenti commerciali differiscono molto all’interno dei vari settori. Per quanto riguarda il settore metalmeccanico si è verificato un recupero dell’export rispetto al trend di crescita dei primi 9 mesi: le esportazioni nel periodo gennaio-settembre sono così aumentate (+4,1%) rispetto allo scorso anno. Tuttavia è aumentato anche il ricorso alle importazioni, cresciute ben del 10% nei primi tre trimestri. Il saldo si mantiene positivo per 1.548 milioni di euro, ma peggiora rispetto a quello dello stesso periodo dell’anno precedente (-1,3%).
Nel settore chimico le esportazioni sono aumentate del 10,6% nei primi 9 mesi del 2004 e sono diminuite le importazioni che nel periodo gennaio-settembre si sono attestate a 1.170 milioni di euro con un calo del 2,3%. Il saldo, come di consueto in questo settore, si è mantenuto negativo per 635 milioni di euro.
Nel settore della gomma e della plastica è diminuito il ricorso all’import (circa il -2,5%) nei primi 9 mesi del 2004. E’ ulteriormente migliorato il profilo delle esportazioni che, nei primi tre trimestri, sono aumentate (+8,4%). Il saldo è positivo per circa 357 milioni di euro.
Nel settore tessile-abbigliamento, viceversa, si è verificata una progressiva frenata nella dinamica delle importazioni complessive che sono si collocate a 321 milioni di euro, vicinissime al livello dello scorso anno (+0,02%). Questa dinamica è frutto di una compensazione tra i due comparti con le importazioni tessili, diminuite (-6%), e quelle di abbigliamento, per contro aumentate (+10% circa). Sotto il profilo dell’export, attestatosi a 620 milioni di euro, si è registrata una diminuzione dei flussi nei primi 9 mesi (-3,5%). Il dato, pur negativo, è comunque migliore rispetto al -4,5% registrato nel primo semestre ed al -4,2% registrato lo scorso anno nel medesimo periodo. Anche in questo caso esistono differenze tra i comparti: le esportazioni tessili sono diminuite maggiormente (-4,6%) e le esportazioni di abbigliamento sono diminuite debolmente (-0,75%). Il saldo del settore rimane positivo per poco più di 298 milioni di euro.
Quello del settore tessile e abbigliamento, dove la provincia di Varese è tra le prime tre realtà territoriali in Italia, è una vera e propria spina nel fianco della provincia, che però non deve far cedere al pessimismo: « Varese conta circa 2.900 unità locali per circa 27.300 addetti, il 22% del settore manifatturiero – ha sottolineato su questi dati, Alberto Ribolla, presidente di Univa -. Una presenza consistente che ci pone tra le primissime aree produttive anche sul piano nazionale, sia in funzione dei numeri sia in funzione della complessità della filiera che qui in provincia di Varese è rappresentata. Ma nel corso del decennio 1991-2001 il settore ha perso sul territorio circa 15.700 addetti e dal 2001 ha perso circa 400 imprese attive, il ricorso alla Cassa Integrazione Guadagni Ordinaria è passato da 1.900.000 ore autorizzate nel 2001 a 3.800.000 ore autorizzate nel 2004, ancora più impressionanti da comparare con il fatto che le ore richieste da tutto il comparto industriale della provincia sono circa 7 milioni. Sono dati di estrema crudezza che tuttavia non devono aprire la porta a sentimenti di disfattismo. Questi fenomeni non vanno accettati passivamente, ma compresi nella loro complessità, inquadrati nella loro prospettiva storica e, soprattutto, sono fenomeni che vanno “combattuti” dall’interno. Ed è su questa voglia di combattere e di esplorare le possibilità di sviluppo laddove esse ancora esistono, che l’Unione sta mettendo a punto un complesso progetto di riposizionamento competitivo»
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