“Formigoni non privatizzi il servizio di urgenza medica”
Dura presa di posizione del consigliere regionale Agostinelli (Prc) che contesta la scelta della maggioranza di centrodestra sull’ipotesi di introdurre l’Agenzia per l’emergenza-urgenza
L’agenzia per l’emergenza-urgenza non s’ha da fare. Almeno secondo il consigliere regionale Mario Agostinelli, che in una nota contesta la scelta della maggioranza di centrodestra al Pirellone per realizzare l’agenzia, che, sotto forma di fondazione, potrebbe aprire la gestione privata dell’emergenza medica.
«Non solo si dà vita a una fantomatica Agenzia per l’emergenza-urgenza – afferma Agostinelli – , centralizzando un servizio che dal nostro punto di vista dovrebbe rimanere invece fortemente ancorato alla dimensione territoriale. Ma un emendamento, oggi (15 marzo ndr) formalmente presentato dalla Cdl in Commissione, configura il nuovo soggetto come Fondazione, aperto quindi alla partecipazione di privati».
E proprio su questo punto si è aperto ieri lo scontro tra l’assessore alla sanità Alessandro Cè e la sua maggioranza, tanto che oggi la Commissione è saltata per mancanza del numero legale. Cè aveva infatti affermato che «non è pensabile che quando si parla della vita e della morte delle persone possano esserci altre motivazioni oltre a quelle del pubblico interesse».
«Cè ha perfettamente ragione nel sostenere questo – afferma Agostinelli – . Una riflessione seria, da estendere però al complesso di un modello sanitario che ha fatto del mercato e del business i propri pilastri. E che ora vuole aggiungere un altro tassello sulla via della privatizzazione. Facendolo peraltro, come è ormai pessima abitudine, attraverso un anonimo collegato alla Finanziaria, in cui vengono inseriti ulteriori peggioramenti.
Il provvedimento in esame stabilisce, infatti, che per aprire una nuova attività sanitaria – laboratori o ambulatori diagnostici e terapeutici – sarà sufficiente una semplice comunicazione di avvio, quando invece la legislazione nazionale impone un’autorizzazione preventiva. Siamo davvero all’impudenza. In Regione Lombardia si applica il massimo di rigidità per i phone center – e non parliamo di moschee e centri sociali – con vincoli talmente rigidi, e persecutori, da impedirne l’attività. Ma rispetto a strutture che si occupano addirittura della salute dei cittadini, si concede il massimo di flessibilità a tutela, come sempre, degli interessi economici dei privati».
Una posizione analoga a quella di rifondazione comunista è giunta in serata in un comunicato firmato daCGIL-CISL-UIL.
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