Psicoparty, storie di ordinario terrore
Venerdì Antonio Albanese ha inaugurato alla grande le tre serate dello show dedicato alle paure dell'uomo contemporaneo; in scena anche sabato e domenica sera
«Abbracciamoci, festeggiamoci, omologhiamoci!». Psicoparty esordisce così, con un delirante inno al conformismo buonista urlato al pubblico. E’ il faccione di Antonio Albanese, proiettato sul palco in versione maxi, deformato in un ghigno psicotico, ad assicurare che va tutto bene, non potrebbe andare meglio: è una “bella Italia” quella che ci troviamo a vivere e l’unica cosa che il cittadino deve fare è di rimanere al suo posto, con un sorriso stereotipato sulle labbra. La realtà è ben diversa (alla trita formula «E’ un’Italia che gira» Albanese replica: «E’ un bel giramento!») e il comico siciliano ce la rinfaccerà in tutta la sua crudezza nell’atto unico di Psicoparty, one-man show che dietro ad una comicità surreale nasconde il gusto amaro di un’inquietudine tanto sottile quanto paralizzante. La paura atavica, animale, l’uomo se la porta dietro dall’inizio della sua storia ma oggi preferisce non accorgersene, fingersi "ottimista e moderno"…e così finisce per diventare una più facile preda per chi vuole manipolarlo con i suoi terrori più inconsci.
«Inchiniamoci, abbracciamoci, condoniamoci!». Una galleria di caricature nevrotiche, tra cui alcuni dei personaggi più famosi di Albanese, dà corpo alle paure dell’uomo occidentale di oggi: dal grottesco Ministro della Paura, che comanda le nostre paure schiacciando un bottone e si attribuisce un ruolo sociale («Senza la paura non si vive. Una società senza paura non ha fondamento: sono io che trasformo la paura in ordine»), al politico calabrese corrotto, Cetto La Qualunque, che ha una sola missione per la sua campagna elettorale, «cchiù pilu pe’ tutti», ma ha paura di perdere l’onore (lo accusano di aver dato un posto da chirurgo alla figlia, che non è laureata ma… «c’ha le mani di fata»). Il timido Epifanio, da sempre innamorato della pianta Valeriana, ci mostra come si possa avere paura anche della felicità. Ancora una volta va in scena l’imprenditore brianzolo Perego, che nel precedente spettacolo di Albanese, Giù al Nord, era alle prese con la sua fabbrichetta di eternit e il figlio drogato; oggi ha venduto la sua azienda ai temibili cinesi e lo incontriamo paralizzato tra i laser del sistema di sicurezza, lui stesso ci racconta che la soluzione per tutto è strarsene fermo, immobile. Gli rimane un unico spettro: la noia.
Come in Giù al nord e Non c’è problema, il testo dello spettacolo è stato scritto insieme a Michele Serra, ironico editorialista di Repubblica e amico di Albanese.
Suggestiva co-protagonista di Psicoparty la musica di Teo Ciavarella (al pianoforte) e Guglielmo Pagnozzi (sassofono e percussioni), che attenuandosi in una melodia tranquilla ha sottolineato l’unico momento “sereno” dello spettacolo: è quando l’Uomo-Albanese rievoca le sue giornate passate a pescare, in compagnia di se stesso, senza la frenesia degli obiettivi che ci lasciamo imporre dalla società. Che sia proprio questa la paura più grande di ognuno di noi, quella di avere il coraggio di stare bene per davvero?
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