Tre proposte per trasformare il Del Ponte

Atteso da oltre vent'anni, è stato presentato ufficialmente il progetto per l'ospedale del bambino. L'architetto ha presentato diverse opzioni per migliorare l'assistenza

"Dal sogno alla realtà": il passaggio dal mondo onirico a quello reale è avvenuto questa mattina, nella sala Borghi del centro congressi De Filippi dove è stato ufficialmente presentato il futuro dell’ospedale Filippo Del Ponte.
"Piccole" avvisaglie si erano già avute nei mesi scorsi, quando la decisione di investire sull’attuale materno infantile per farne un vero ospedale del bambino e della mamma era stata presa ufficialmente dai vertici regionali, insieme all’indicazione dei primi finanziamenti ( 7 milioni e mezzo di euro).

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Davanti ad un pubblico attento, tra autorità istituzionali e politiche, medici, esponenti del mondo del volontariato e semplici cittadini, l’architetto Giulio Felli, che ha già firmato l’ospedale pediatrico Meyer di Firenze, ha presentato le tre opzioni dello studio di fattibilità su cui dovranno ora esprimersi i livelli decisionali locali e regionali.
Secono la prima proposta, l’intervento sarà minimale, con una ristrutturazione degli spazi per meglio organizzare l’accoglienza del bambino: « In questo momento il piccolo paziente arriva all’interno di un locale che ha da una parte l’ascensore e dall’altro il pronto soccorso – spiega l’architetto toscano – l’accoglienza è traumatica. Quindi abbiamo pensato di rivedere l’ingresso, spostando l’attuale accesso vicino alla villa, realizzando un percorso che contribuisca a calmare il piccolo. L’accesso al PS, invece, sarà collocato sul retro, in via Bonarroti». Nulla si potrà fare, invece, sulla struttura attuale e sull’organizzazione a padiglioni che si potrà solo migliorare con un ripensamento dei collegamenti.

Più incisiva la seconda ipotesi che parte dall’abbattimento graduale prima del padiglione Vedani e poi dell’ottagono con la realizzazione di una costruzione a L: « La mia preoccupazione principale sono le stanze di degenza. Un bambino non si può affacciare e vedere un cortile interno e un casermone, come avviene oggi. Si dovranno aprire gli orizzonti, permettere di guardare i monti, il verde». In questa seconda ipotesi, si mantiene l’accesso diversificato, la realizzazione di una costruzione a ferro di cavallo che inglobi del verde e dei giardini pensili. Donne e bambini avranno i due padiglioni separati. I percorsi ambulatoriali saranno a piano terra, così come verranno realizzate piastre di servizi di facile accesso. Ambizione dell’architetto è quella di veder organizzata la pediatria non per specialità ma per "bambini": « Al Meyer siamo riusciti a far capire che sono i bambini a determinare l’organizzazione del lavoro. Così non ci sono più letti dedicati a medici specialisti, ma letti per bambini della stessa età, di patologie simili, le infermiere sono legate al piano di lavoro e non più al medico».

Rivoluzionaria appare invece la terza proposta che, lo stesso architetto, definisce utopistica: «Si tratta di abbattere tutto per ricostruire completamente. E in questa opzione abbiamo seguito ogni possibile indicazione che metta al centro il bambino, con camere di degenza sullo stesso piano».

Alla città, e ai suoi governanti, la scelta dell’opzione migliore: tra la prima e la seconda, assicura l’architetto Felli, non ci sono grandi differenze di costi, per la prima di parla di trenta milioni di euro per la seconda 35 e per la terza una cinquantina ( costi definiti a spanne). A vedere quello che c’è oggi sul piatto ( circa 7 milioni) converebbe ambire alla prima, ma razionalmente davanti a tanto sostegno si potrebbe sperare in qualcosa di più.
Manuela Crivellaro, presidente del Comitato tutela bambino in ospedale che da anni si batte per un progetto di ospedale pediatrico, ha ricordato che in Italia esistono solo 9 ospedali dedicati ai bambini, di cui solo uno ( a Brescia) in Lombardia. Dalla sua parte si sono detti il sindaco Attilio Fontana, il Prefetto Roberto Aragno, il presidente del Consiglio provinciale Anna Maria Martelossi, il prevosto di Varese Monsignor Donnini, i consiglieri regionali Adamoli e Tosi, anche se proprio dall’esponente della Margherita viene l’invito a vigilare: « Il progetto è ambizioso e va monitorato perchè il rubinetto dei finanziamenti non si interrompa all’improvviso..». La preoccupazione che il progetto "nasca ma non cresca" circola, la sostenibilità di un ospedale tanto prestigioso a soli pochi metri da un altro ospedale in una città piccola come quella di Varese lascia qualche dubbio.
Oggi, però, lo scetticismo non ha casa. Al fianco di Manuela e della sua battaglia si sono già schierati i campioni dello sport: Cecco Vescovi, Elia Luini e Tania Cagnotto, una bolzanina che ha risposto entusiasta all’appello di manuela Crivellaro: «L’impresa è molto importante».

Se la città ci crede avrà modo di dimostrarlo attraverso il conto bancario alla Banca Prossima per le imprese e sociali e le comunità c/c nr. 333, ABI 3359, CAB 01600 o presso qualsiasi filiale di Intesa-San Paolo.

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Pubblicato il 17 Novembre 2007
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