È australiana la “ricetta” per guarire il lago di Varese
Via alla sperimentazione al largo di Groppello: il Phoslock, sostanza argillosa che si mescola con l'acqua, trattiene il fosforo ed evita il proliferare delle alghe. Il test durerà un anno
Via alla cura australiano-tedesca per il Lago di Varese. Presto, nel giro di pochi giorni, i granuli di Phoslock verranno riversati all’interno di due grossi cilindri (mesocosmi) posti al largo di Groppello, frazione di Gavirate, in un punto dove il lago raggiunge la profondità di 15 metri. Un altro mesocosmo resterà senza la sostanza, per permettere la comparazione dell’acqua non trattata con quella trattata. Si tratta di granuli (un chilo a mesocosmo per la sperimentazione) che mescolati con l’acqua lacustre formano una di tappeto di argilla che, scendendo sul fondo, imprigiona le molecole di fosforo evitando l’eccessiva proliferazione di flora acquatica, che in ultima analisi danneggia la vita nel lago (l’eutrofizzazione). Il sistema è già stato testato in sei laghi europei, tra la Germania e l’Olanda, con ottimi risultati confermati dalle prove in laboratorio effettuate per dodici mesi dall’Università dell’Insubria.
La sperimentazione sarà guidata dal professor Karl Ernst Nowak, specialista dell’istituto di Limnologia di Ottenmberg, che è uno dei maggiori esperti mondiali di questo sistema, coadiuvato da una squadra di specialisti guidata da Nigel Trail della Phoslock Europe (il brevetto è australiano) e da Said Yasseri, responsabile tecnico del progetto. La provincia ha previsto una spesa di 75 mila euro, per la fase di sperimentazione. La piattaforma è stata ancorata al fondo del lago e le aree dove saranno calati i cilindri con all’interno i granuli di Phoslock sono state predisposte. I primi dati arriveranno dopo circa due mesi, ma la sperimentazione andrà avanti un anno interno, con un monitoraggio mensile effettuato dai tecnici tedeschi sia da Brema che sul posto. Fiducioso l’assessore Luca Marsico, affiancato (a riva e sulla piattaforma) dalla dirigente Susanna Capogna: «Questo tipo di intervento ha dato buoni risultati in bacini più piccoli di questo e meno profondi – spiega Marsico -. Noi crediamo possa dare una grossa mano a limitare l’inquinamento da fosforo che rovina le acque del Lago di Varese. Inoltre il Phoslock non tocca l’ecosistema e non va a rovinare né il fondale né la superficie. Tra un anno valuteremo come procedere: questo è senza dubbio un passo importante». I granuli che formano con l’acqua un tappeto sul fondale impediscono il rilascio del fosforo, nutrimento privilegiato delle alghe che invadono l’acqua del lago: l’intervento prevede il prelievo da parte di Arpa (Agenzia regionale per l’ambiente) di campioni dei sedimenti del lago di Varese, campioni che saranno analizzati nei laboratori della stessa Arpa e in quelli tedeschi.
L’obiettivo di questo esperimento è quello di riportare l’ambiente naturale del lago alle sue origini, salvando la biodiversità, le specie, e i ritmi naturali dello specchio d’acqua. Dopo una lunga serie di tentativi andati male, si spera che con la cura australiano-tedesca il Lago di Varese possa guarire da 50 anni di inquinamento senza controllo. Dopo la sperimentazione, saranno i tecnici di Villa Recalcati a stabilire se procedere con la copertura totale o parziale della superficie del lago: serviranno tonnellate di granuli, ma questo verrà deciso almeno tra un anno.
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