Il lavoro artigiano risolverà la crisi? Forse
Il convegno dell'Associazione artigiani sull’addestramento dei giovani collaboratori in programma sabato 21 marzo. Relatore sarà il docente della Bocconi Paolo Preti
“L’artigiano e l’addestramento dei giovani collaboratori”: questo il titolo del primo convegno di avvicinamento al Congresso 2009 dell’Associazione Artigiani della Provincia di Varese. Un percorso in tre tappe che prenderà il via sabato 21 marzo, alle ore 10, nella Sala Ferrario di Malpensafiere a Busto Arsizio.
Presenti all’incontro Giorgio Merletti (presidente della struttura varesina di Viale Milano, di Confartigianato Lombardia e vice presidente vicario di Confartigianato nazionale), Paolo Rolandi, presidente del Gruppo Giovani Imprenditori dell’Associazione Artigiani (promotore del seminario di approfondimento) ed il professore Paolo Preti, docente di Organizzazione delle Piccole e Medie Imprese all’Università Bocconi di Milano.
Al professore Preti il compito, come dichiara prontamente, di «guardare al “giorno dopo”, perché il tema del convegno rilancia la necessità di applicare una buona e corretta gestione aziendale al fine di guardare “oltre” seppure nell’immediato».
Si parla di crisi? «Certo, perché oggi le realtà produttive giocano il proprio futuro non combattendo sui costi ma sulla qualità, sull’innovazione e sui servizi. Chi ha preferito tenere, in tutti questi anni, stipendi bassi, di fronte alla recessione si troverà in difficoltà perché il suo capitale umano non sarà sufficientemente motivato. Questo lo si deve dire, perché nelle MPI è proprio il lavoratore a rappresentare la risorsa più importante, e spesso è insostituibile. Se l’addestramento dei giovani collaboratori, nei fatti quotidiani, non è così sentito, in tempi rapidi tornerà di grande importanza e sarà di sempre maggiore rilevanza».
Insomma, non sarà un semplice seminario. Il professore Preti lo sottolinea più volte perché interessato anche a «guardare in prospettiva. Oggi tanti giovani studiano all’Università e nessuno è più interessato ad apprendere un lavoro artigiano. Eppure le imprese cercano elettricisti, edili, idraulici, imbianchini. Solo il mondo dell’artigianato potrebbe dare lavoro – secondo le stime pubblicate su un quotidiano nazionale proprio questa mattina, giovedì 19 marzo – a 50mila persone. Ma una larga parte di questa richiesta è disattesa. Così il mercato vede il nascere di imprese extracomunitarie che offrono una qualità del lavoro mediamente bassa e l’aprirsi di una fascia di mercato che gli italiani non riescono più a soddisfare: le MPI sono caratterizzate da un lavoro manuale-artigianale di media-alta specializzazione, ma manca la manodopera».
Si impone un altro quesito: il lavoro artigiano come soluzione contro la crisi economica? «Sì, una possibile soluzione. Per analogia pensiamo, oggi, a quanto l’agricoltura – e non è un fuoco di paglia – stia tornando prepotentemente “alla ribalta”. Non si può pensare, ovviamente, che uno studente abbandoni l’università perché in questi 5 mesi la situazione economica si è aggravata, ma è indubbio che in prospettiva i lavori oggi “abbandonati” potranno creare nuova occupazione».
Dunque l’artigiano come imprenditore creativo e pronto al rischio. «L’artigiano – sottolinea Paolo Rolandi, presidente del GGI – è la sua impresa ma anche la “famiglia” di giovani collaboratori che al suo fianco si formano e si fanno professionisti specializzati nella lavorazione e nel prodotto. L’esperienza si fa crescita e il mix di competenze maturato nel tempo passa di generazione in generazione. L’imprenditore, quindi, come depositario di un sapere che circola nell’impresa, che non si trova nei libri, che è consolidato e che si rigenera in un percorso di socializzazione del lavoro. Tutto si fa insieme, perché solo insieme si può migliorare e vincere le sfide. E sconfiggere la crisi, partendo dalle economie locali».
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